lunedì 1 luglio 2013

Carla e lo hatha yoga

Carla è una ragazza che fa yoga nella mia stessa classe di principianti.
E’ una bella ragazza, con un ragazzo quasi altrettanto carino che segue il corso con noi, ma certo non mi aveva colpito, esattamente come non mi ha colpito nessun altro.
Io ho iniziato a fare yoga per un motivo ben preciso, maturato nel tempo e con consapevolezza, che considero profondo ed importante, e dall’alto della mia presunzione, (che purtroppo a volte fa ancora capolino), ho dedotto che nessun altro avesse le mie stesse nobili ragioni per intraprendere un percorso di yoga. Mi son fatta l’idea che uno di solito si iscrive a yoga semplicemente perché vuole rilassarsi, interrompere, anche solo per due ore alla settimana, la dinamica dello stress intorno alla quale abbiamo costruito la nostra vita e che tanto ci gratifica e ci intrappola. Forse ho questa idea perché è il motivo (fallimentare) che aveva spinto me, nel 2004, ad iscrivermi ad un corso di yoga.
Poi un giorno, alla fine della lezione, sento Carla parlare con la nostra insegnante e raccontarle che lei si sta impegnando moltissimo anche a casa. Tutti i giorni si allena nelle asana (posizioni yogiche), persino in quelle che non abbiamo ancora praticato, e che da quando ha iniziato il corso yoga è anche diventata vegetariana.
Io mi son subito domandata per quale assurdo motivo uno debba mettersi a provare asana ancora non spiegate in classe, rischiando di farsi male senza la supervisione di un insegnante.
La nostra insegnante invece è rimasta più colpita dal fatto che Carla sia diventata improvvisamente vegetariana. Lei che racconta di aver mangiato carne cruda fino all’altro ieri. Così l’insegnante le ha detto che la dieta vegetariana è consigliata dalla filosofia yogi, ma non bisogna andare contro la propria natura: se uno non se la sente di diventare vegetariano non deve farlo. Magari riduce il consumo di carne. Ma Carla no, è convinta, è radicale, lei. Basta, vuole diventare vegetariana.
A quel punto la mia saccenza si ripresenta e mi sento in dovere di intervenire in un discorso nel quale, evidentemente, non ero stata minimamente coinvolta. Ma dall’alto dei miei due anni di vegetarianismo non potevo esimermi dal dire la mia. Dovevo illuminare Carla con la mia saggezza. E così ho spiegato che anche io ho mangiato molta carne in passato, che anche io sono diventata vegetariana improvvisamente, da un giorno all’altro, ma in seguito ad una decisione maturata negli anni. E, soprattutto, in un momento in cui me lo sentivo, che sapevo essere quello giusto, perché la carne aveva smesso di esercitare su di me la sua grande attrazione. E che, sì, aveva ragione la nostra insegnante nel dire che è una scelta che ti devi sentir venire da dentro e che, se non te la senti, allora è meglio semplicemente ridurre il consumo di carne, che sarebbe già una buona cosa per noi stessi, gli animali e l’ambiente. Era palese che Carla non mi stava neanche a sentire, non gliene fregava proprio nulla della mia storia vegetariana personale, gliene fregava poco anche di quella dell’insegnante, a dir la verità, perché Carla aveva la sua, di storia. Così, in un baleno, ho capito che avevo perso un’altra occasione per tener chiusa la mia boccaccia. Perché Carla aveva il suo passato e le sue scelte e non c’era niente di giusto o sbagliato in tutto questo, nessun consiglio che avesse senso. Lei semplicemente doveva fare quello che considerava giusto per se stessa. Magari un domani si sarebbe pentita e sarebbe tornata sui suoi passi, scegliendo una strada diversa, ma il cambiamento, l’evoluzione di ogni essere umano, avviene così: procedendo per tentativi. A nessuno di noi è stata data una ricetta da seguire per vivere in equilibrio e in pace con noi stessi e col mondo. Semplicemente facciamo esperimenti, fino ad azzeccare la combinazione giusta.
Improvvisamente ho capito che la maggior parte delle persone che si iscrive a yoga probabilmente non lo fa semplicemente per tentare di rilassarsi, ma ci va con la propria storia personale nella borsa, con le proprie ragioni. E che non ha senso cercare di capirle o di sindacarle. Perché ognuno ha le sue. E sono imperscrutabili per chiunque altro. Del resto praticare lo yoga non è come andare in palestra.
Carla l’ho rivista una sola altra volta e non riusciva a praticare le asana, perché stava male, fisicamente.
Quando all’ultima lezione Carla non è venuta, l’insegnante ha chiesto al suo ragazzo come stesse. Lui ha risposto vagamente che era finita al pronto soccorso per quelle complicazioni fisiche e che al momento è a riposo, ma che sicuramente si iscriverà al corso di yoga 2 a luglio.
Mi è dispiaciuto per Carla. Me la sono immaginata in un periodo difficile della sua vita, dove lo squilibrio della mente si ripercuote sul corpo e ci si sbatte per trovare una maniera, una qualsiasi, per sentirsi meglio. Speriamo che Carla la trovi nello yoga.
Sono sicura che rivedrò Carla a settembre. Quando io seguirò il corso di yoga 2. E lei sarà diventata molto più brava di me.

1 commento:

  1. Carla è un nome fittizio, per rispetto della riservatezza della persona.

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