Di tutto il meraviglioso viaggio di una settimana fatto in Sicilia (in particolare nella provincia di Trapani), ciò che mi ha più colpito non ha avuto a che fare con le bellezze naturali e culturali che ho ammirato, con la gente del posto o altro, ma ha a che fare con il problema dell'acqua ad Agrigento.
Quando siamo arrivati in questa bruttissima città, (si salva giusto il centro storico... peccato che sia mal tenuto), esausti dopo aver trascorso una giornata a visitare località e in viaggio per raggiungere la città, ci siamo diretti immediatamente al B&B al quale avevamo prenotato. I padroni di casa ci hanno accolti con la tipica cordialità siciliana, ma ci hanno detto che c'era un problema: il B&B non disponeva di acqua, perchè era saltato il turno di erogazione (si mormorava a causa di un guasto). I cassoni con l'acqua accumulata ci avrebbero forse contentito di darci una veloce rinfrescata. Loro erano mortificati, nonchè arrabbiati, (anche se hanno detto che ormai alla rabbia sta subentrando la rassegnazione), e ci hanno detto che se volevamo stare più tranquilli potevamo soggiornare nel B&B del fratello della proprietaria, dove l'acqua c'era. E così è stato...
Sapevo che in Sicilia c'era il problema dell'acqua, ma l'avevo dimenticato, perchè a Palermo e a Castellammare del Golfo non abbiamo avuto problemi. Eppure avrei dovuto pensarci che Agrigento è tristemente nota per essere la città senz'acqua. Quanto meno perchè, se l'acqua c'è, i suoi abitanti non ne usufruiscono.
La proprietaria del B&B ci ha spiegato che la società privata che gestisce l'acqua ad Agrigento e dintorni (la Girgenti Acque) non ha migliorato la situazione della distribuzione dell'acqua. Anzi, l'acqua spesso non arriva e la bolletta è anche più cara! "Noi la paghiamo l'acqua, la paghiamo per non averla! Siamo nel terzo mondo!" Ci ha spiegato anche che il dramma inizia con l'arrivo dell'estate, quando i turni di erogazione dell'acqua iniziano a saltare. E questo causa problemi alla loro attività di ospitare turisti nella loro casa, perchè quando non c'è acqua sono costretti a far scegliere alle persone se vogliono andare via. E le persone, dal momento che pagano, scelgono di andare via, esattamente come ho fatto io (pur sentendomi uno schifo per averlo fatto!)
Insomma, la conclusione è che siamo andati al B&B del fratello che, ironia della sorte, lavora proprio presso la società che distribuisce l'acqua. Molto discretamente gli abbiamo fatto diverse domande in merito, per capire il punto di vista opposto, quello di chi la privatizzazione dell'acqua la appoggia. Lui ci ha spiegato che da quando c'è questa società privata l'acqua è arrivata in zone limitrofe ad Agrigento dove prima non arrivava (godono addirittura di un turno una volta a settimana), perchè questa società ha investito nella riparazione di tubature fatiscenti ed inutilizzate nonchè nella costruzione di nuove. La mia domanda allora è stata: e perchè l'acqua continua a scarseggiare se la distribuzione è così migliorata? La risposta è stata che questa società non fornisce l'acqua, ma l'acquista da dei fornitori (chi sono??? mi chiedo io) e la società ha solo il compito di distribuirla. Se l'acqua non c'è perchè i fornitori non la danno o non ce l'hanno, allora non c'è nulla da distribuire. Ho chiesto quindi come mai questo problema si presenta soprattutto d'estate. Non è che per caso viene tolta l'acqua ai cittadini per darla alle strutture turistiche? Lui mi ha risposto che durante l'estate la città di Agrigento quasi si svuota e la popolazione si trasferisce al mare vicino la città. Quindi se durante l'anno l'80% dell'acqua viene data in città e il 20% in prossimità del mare, in estate succede il contrario perchè è più logico che sia così. Io però tutta questa logicità non la vedo... e per chi la casa al mare non ce l'ha? E proprio non mi va giù che l'acqua venga tolta ai cittadini per essere data in abbondanza ai turisti che la sprecano senza sapere quale prezioso valore rappresenta per la popolazione di Agrigento e dintorni. Il turismo deve sostenere un luogo, non sfruttarlo... ma ormai il turismo sostenibile è cosa rara e infatti ci sono associazioni apposite che lo organizzano, tanto poco è scontato... ma questo è un altro argomento. Ho spiegato a questo ragazzo che non mi pare giusto che il sistema sia un po' quello che viene adottato in Africa: i turisti che alloggiano nei resort hanno tutti i comfort e acqua in abbondanza, mentre la popolazione nei villaggi muore di fame e di sete. Lui però ha risposto che il principio del villaggio turistico, come quello della gestione privata dell'acqua, non è sbagliato, perchè queste società investono un mucchio di soldi affinchè i propri clienti abbiano il meglio. L'economia funziona così. Però mi pare che i clienti della Girgenti Acque tanto soddisfatti non siano.
L'idea che mi sono fatta io è che questo sia un bravo ragazzo che salvaguarda giustamente il proprio posto di lavoro e che forse crede davvero che la privatizzazione dell'acqua porta dei benefici, ma io ho avuto una sorta di conferma su come la pensavo prima: che proprio perchè l'acqua è un bene prezioso, nonchè indispensabile, ed un diritto dell'essere umano, non può essere dato in pasto alle società private, il cui interesse non è il meglio dei cittadini, ma il proprio guadagno. Soprattutto in un paese, la Sicilia, che è in mano alla mafia. Si dice che il privato garantisce un'efficienza che il pubblico non raggiunge, ma pare proprio che questo non sia il caso della Girgenti Acque. Che tra l'altro non risulta essere una società trasparente, perchè quando i cittadini chiamano per lamentarsi del servizio o vanno direttamente nella loro sede, non ottengono la minima attenzione. Inoltre la privatizzazione dell'acqua fa sì che, proprio in posti in cui l'acqua scarseggia e/o è mal gestita, la società ci speculi sopra. Se qualcuno (come Veltroni) pensa veramente che le società private sono le uniche che possono garantire una migliore gestione ai paesi assetati, non si rende conto che proprio quei paesi saranno i primi a pagarne le conseguenze.
Mi fa pensare poi che la Girgenti Acque vinse nel 2007 una gara di appalto per la gestione della distribuzione dell'acqua di Agrigento e dintorni e fu l'unica a concorrere... Mi aspettavo che altre aziende si sarebbero scannate per ottenere quella miniera d'oro...
E mi chiedo: davvero Agrigento non ha l'acqua? Fino a ieri credevo di sì, perchè l'acqua distribuita ad Agrigento e dintorni viene anche da lontano, persino da Palermo. Da ieri invece mi è venuto un dubbio. Documentandomi su internet ho letto che nel 2007 si è gridato al miracolo: sotto Agrigento avevano trovato delle vene nel sottosuolo ricche di acqua. Quindi non solo l'acqua c'è, ma è anche buona. Talmeno buona che è stata venduta alla Nestlè, che la gestisce, la imbottiglia e la vende sotto il nome di acqua Vera Santa Rosalia.
E parliamo un attimo di acque minerali. Dal momento che l'acqua, quando esce dai rubinetti di Agrigento, non è neanche potabile, la popolazione spende palate di soldi in acqua, non solo per una distribuzione che non funziona, ma anche per acquistare bottiglie di acqua minerale (ironia della sorte se si trattasse della Santa Rosalia) per poter bere, cucinare e quant'altro. Se entri nei bar di Agrigento trovi una scritta che evidentemente rasserena i clienti: "Tutte le bevande sono preparate con acqua minerale". A me invece quel cartello fa accapponare la pelle, perchè immagino un magazzino pieno di bottiglie di acqua comprate.
Così vivono ad Agrigento e dintorni: con cassoni sui tetti delle case per l'accumulo di acqua durante i turni di erogazione, in alcune case con le vasche da bagno piene di acqua riempite sempre durante i turni di erogazione e con i frigoriferi pieni di acqua minerale. I cittadini di Agrigento e dintorni spendono molti soldi per l'acqua... e non possono dire di goderne.
(interessante questo link: http://www.ilpuntodue.it/?q=node/24 )
"Non condivido la tua opinione, ma darei la vita affinchè tu possa esprimerla" (Voltaire)
domenica 5 giugno 2011
sabato 21 maggio 2011
In difesa dell'Acqua
Ormai molti sanno, (speriamo tutti, nonostante l'assenza di informazione in televisione), che il 12 giugno ci sarà il referedum per poter eprimere 2 SI contro la privatizzazione dell'acqua.
Il 6 agosto 2008, mentre gli Italiani erano in ferie, il Parlamento italiano ha votato l'articolo 23bis del Decreto legge n° 112 del ministro Giulio Tremonti, che nel comma 1 afferma che la gestione dei servizi idrici deve essere sottomessa alle regole dell'economia capitalistica. Così il governo Berlusconi sancisce la privatizzazione dell'acqua, con l'appoggio dell'opposizione, in particolare del Pd.
Molti pensano che se sei di destra sei coerente se sei favorevole alla privatizzazione dell'acqua, mentre se sei di sinistra sei coerente per il contrario. Niente di più sbagliato! Prima di tutti quando si parla di beni primari dell'umanità non esistono fazioni politiche, secondo poi la privatizzazione del'acqua è stato uno dei pochi accordi sereni che hanno trovato la destra e la sinistra italiane. Walter Veltroni in persona ha dichiarato nella lettera a Padre Alex Zanotelli (da sempre in campo contro la privatizzazione dell'acqua): "L'acqua è un bene comune fondamentale il cui accesso, come anche la qualità, devono essere garantiti a tutti. In molte, troppe aeree del mondo, questo significa una politica pubblica di costruzione delle infrastrutture che portino l'acqua a tutta la popolazione. In Europa, nei nostri paesi,significa garantire a tutti un servizio di qualità, che risponda a standard precisi. Questa è la vera condizione irrinunciabile ed è una condizione che può essere garantita solo da aziende di gestione che sia vere aziende industriali. Solo aziende industriali, che possono poi avere un assetto proprietario pubblico, privato o misto, sono realmente capaci di raggiungere sufficienti economie di scala o di scopo. Solo così potranno essere garantiti a tutti i servizi pubblici al massimo livello della qualità, al minimo costo di produzione, e con la più ampia trasparenza dei meccanismi di determinazione delle tariffe."
Ma vi rendete conto?!?!?! Prima di tutto il buon Walter forse non conosce, o fa finta di non saperlo, che le aziende private fanno di tutto per migliorare il loro fatturato annuo e questo non mi fa certo stare tranquilla sulla qualità del servizio e sulla sua trasparenza. Forse gli farebbe bene lavorare per qualche anno in una multinazionale per capira cosa è capace di fare per il guadagno. E poi privatizzare l'acqua significa far lievitare mostruosamente i prezzi delle bollette. Acqualatina, che gestisce l'acqua di Aprilia, nel 2005 ha deciso di aumentare le bollette del 300%! E se non paghi, ti ribelli e non sottostai alle loro regole ti staccano l'acqua esattamente come ti staccano il telefono quando non paghi! Peccato che l'acqua sia un diritto imprescindibile dell'essere umano, di cui di acqua è fatto per il 95%. Quindi, a parte tutte le menate sulla qualità del'acqua, questa sarebbe tutt'altro che disponibile per tutti, perchè i ceti bassi del nostro paese non potrebbero permettersela. Togliere l'acqua ai poveri italiani perchè non possono pagarla!!! Per non parlare delle conseguenze che questo avrebbe nei paesi sottosviluppati, che già oggi sono carenti di acqua. Non è una questione di destra o sinistra, ma di diritti umani.
Alla base della legge sulla privatizzazione dell'acqua c'è un concetto raccapricciante: l'acqua non è più definita come un diritto, ma come merce. E se ci pensiamo noi siamo bombardati affinchè ci entri nel cervello che l'acqua è proprio una merce. In televisione trasmettono innumerevoli pubblicità sull'acqua in bottiglia e noi italiani siamo abituati a non bere l'acqua del rubinetto, ma ad andare a comprarla al supermercato. Noi italiani tratttiamo l'acqua come una merce o almeno quelli di noi che (purtroppo) possono permetterselo. E' tutto questo che sta alla base che è sbagliato.
Gli ultimi anni di università, quando avevo deciso di specializzarmi nel campo della chimica ambientale, tutti i professori che ho avuto erano d'accordo sullo stesso aspetto: l'acqua del rubinetto ha una qualità molto superiore di quella dell'acqua minerale. Perchè l'acqua del rubinetto subisce un lungo processo di purificazione e disinfezione che garantisce l'ottima qualità dekl'acqua potabile. Lo stesso processo, per legge, non può essere subito dalle acque minerali, che vengono imbottigliate alla sorgente, analizzate e, se le analisi dimostrano che l'acqua rispecchia i parametri di potabilità, vengono messe in commercio. Ma dietro tutto questo si nascondono delle aziende con i loro interessi, perciò ci sono dei tipi di acque che in realà tanto bene non fanno, come l'acqua Panna e l'acqua Egeria. Quando i miei professori mi hanno raccontato cosa hanno trovato analizzando queste acque ho smesso di berle. Non ricordo quale delle due contiene delle basse concentrazioni di trielina per cui se un individuo beve per molti anni quell'acqua ha una certa probabilità di contrarre un tumure al fegato. Ho ancora appunti di questo tipo sui libri su cui studiavo Chimica dell'Ambiente e Chimica Analitica degli Inquinanti.
Molti di noi comprano l'acqua minerale perchè ha delle migliori caratteristiche organo-lettiche, che variano a seconda dei gusti individuali. Ma oggi queste stesse caratteristiche possono essere ottenute trattando ulteriormente l'acqua che esce dai nostri rubinetti con delle apparecchiature non ingombranti e a prezzi accessibili. Per esempio, l'acqua di Roma è molto dura? (ricca di calcio e magnesio) Ebbene, esistono dei decalcificanti che permettono di ridurre la durezza dell'acqua.
E' importantissimo utilizzare l'acqua del rubinetto per la nostra salute e per la difesa dell'acqua come diritto primario dell'essere umano. L'acqua non è una merce e non deve essere trattata come tale. Non facciamoci abbindolare. Semplicemente (anche se negli ultimi anni non tanto) L'ACQUA E' VITA!
http://www.youtube.com/watch?v=sy4w6y_qP-o&feature=related
Il 6 agosto 2008, mentre gli Italiani erano in ferie, il Parlamento italiano ha votato l'articolo 23bis del Decreto legge n° 112 del ministro Giulio Tremonti, che nel comma 1 afferma che la gestione dei servizi idrici deve essere sottomessa alle regole dell'economia capitalistica. Così il governo Berlusconi sancisce la privatizzazione dell'acqua, con l'appoggio dell'opposizione, in particolare del Pd.
Molti pensano che se sei di destra sei coerente se sei favorevole alla privatizzazione dell'acqua, mentre se sei di sinistra sei coerente per il contrario. Niente di più sbagliato! Prima di tutti quando si parla di beni primari dell'umanità non esistono fazioni politiche, secondo poi la privatizzazione del'acqua è stato uno dei pochi accordi sereni che hanno trovato la destra e la sinistra italiane. Walter Veltroni in persona ha dichiarato nella lettera a Padre Alex Zanotelli (da sempre in campo contro la privatizzazione dell'acqua): "L'acqua è un bene comune fondamentale il cui accesso, come anche la qualità, devono essere garantiti a tutti. In molte, troppe aeree del mondo, questo significa una politica pubblica di costruzione delle infrastrutture che portino l'acqua a tutta la popolazione. In Europa, nei nostri paesi,significa garantire a tutti un servizio di qualità, che risponda a standard precisi. Questa è la vera condizione irrinunciabile ed è una condizione che può essere garantita solo da aziende di gestione che sia vere aziende industriali. Solo aziende industriali, che possono poi avere un assetto proprietario pubblico, privato o misto, sono realmente capaci di raggiungere sufficienti economie di scala o di scopo. Solo così potranno essere garantiti a tutti i servizi pubblici al massimo livello della qualità, al minimo costo di produzione, e con la più ampia trasparenza dei meccanismi di determinazione delle tariffe."
Ma vi rendete conto?!?!?! Prima di tutto il buon Walter forse non conosce, o fa finta di non saperlo, che le aziende private fanno di tutto per migliorare il loro fatturato annuo e questo non mi fa certo stare tranquilla sulla qualità del servizio e sulla sua trasparenza. Forse gli farebbe bene lavorare per qualche anno in una multinazionale per capira cosa è capace di fare per il guadagno. E poi privatizzare l'acqua significa far lievitare mostruosamente i prezzi delle bollette. Acqualatina, che gestisce l'acqua di Aprilia, nel 2005 ha deciso di aumentare le bollette del 300%! E se non paghi, ti ribelli e non sottostai alle loro regole ti staccano l'acqua esattamente come ti staccano il telefono quando non paghi! Peccato che l'acqua sia un diritto imprescindibile dell'essere umano, di cui di acqua è fatto per il 95%. Quindi, a parte tutte le menate sulla qualità del'acqua, questa sarebbe tutt'altro che disponibile per tutti, perchè i ceti bassi del nostro paese non potrebbero permettersela. Togliere l'acqua ai poveri italiani perchè non possono pagarla!!! Per non parlare delle conseguenze che questo avrebbe nei paesi sottosviluppati, che già oggi sono carenti di acqua. Non è una questione di destra o sinistra, ma di diritti umani.
Alla base della legge sulla privatizzazione dell'acqua c'è un concetto raccapricciante: l'acqua non è più definita come un diritto, ma come merce. E se ci pensiamo noi siamo bombardati affinchè ci entri nel cervello che l'acqua è proprio una merce. In televisione trasmettono innumerevoli pubblicità sull'acqua in bottiglia e noi italiani siamo abituati a non bere l'acqua del rubinetto, ma ad andare a comprarla al supermercato. Noi italiani tratttiamo l'acqua come una merce o almeno quelli di noi che (purtroppo) possono permetterselo. E' tutto questo che sta alla base che è sbagliato.
Gli ultimi anni di università, quando avevo deciso di specializzarmi nel campo della chimica ambientale, tutti i professori che ho avuto erano d'accordo sullo stesso aspetto: l'acqua del rubinetto ha una qualità molto superiore di quella dell'acqua minerale. Perchè l'acqua del rubinetto subisce un lungo processo di purificazione e disinfezione che garantisce l'ottima qualità dekl'acqua potabile. Lo stesso processo, per legge, non può essere subito dalle acque minerali, che vengono imbottigliate alla sorgente, analizzate e, se le analisi dimostrano che l'acqua rispecchia i parametri di potabilità, vengono messe in commercio. Ma dietro tutto questo si nascondono delle aziende con i loro interessi, perciò ci sono dei tipi di acque che in realà tanto bene non fanno, come l'acqua Panna e l'acqua Egeria. Quando i miei professori mi hanno raccontato cosa hanno trovato analizzando queste acque ho smesso di berle. Non ricordo quale delle due contiene delle basse concentrazioni di trielina per cui se un individuo beve per molti anni quell'acqua ha una certa probabilità di contrarre un tumure al fegato. Ho ancora appunti di questo tipo sui libri su cui studiavo Chimica dell'Ambiente e Chimica Analitica degli Inquinanti.
Molti di noi comprano l'acqua minerale perchè ha delle migliori caratteristiche organo-lettiche, che variano a seconda dei gusti individuali. Ma oggi queste stesse caratteristiche possono essere ottenute trattando ulteriormente l'acqua che esce dai nostri rubinetti con delle apparecchiature non ingombranti e a prezzi accessibili. Per esempio, l'acqua di Roma è molto dura? (ricca di calcio e magnesio) Ebbene, esistono dei decalcificanti che permettono di ridurre la durezza dell'acqua.
E' importantissimo utilizzare l'acqua del rubinetto per la nostra salute e per la difesa dell'acqua come diritto primario dell'essere umano. L'acqua non è una merce e non deve essere trattata come tale. Non facciamoci abbindolare. Semplicemente (anche se negli ultimi anni non tanto) L'ACQUA E' VITA!
http://www.youtube.com/watch?v=sy4w6y_qP-o&feature=related
mercoledì 18 maggio 2011
Commento di Emiliano al post "Nell'era in cui non è consentito stare male"
Ma siamo proprio sicuri che è il capitalismo il male del nostro tempo? E' lui che ci ha ridotti in "questo stato"? E poi qual'è "questo stato".
Stiamo così male da dover rimpiangere chissà quale eden passato dove l'uomo non era altro che la sua vera essenza. Tant'è che oggi non possiamo permetterci di stare male, mentre prima avevano tutto il tempo per stare male, al calduccio sotto le loro copertucce. Perchè no. Basti pensare ai nostri nonni. La loro si che era vita. Senza tutto questo correre, queste aziende che producono, per che cosa poi? Ci hanno rovinato la vita. Certo che era meglio quando mia nonna andava alla fonte a lavare i panni con la "bagnarola" sotto braccio e una piccola catasta di legna per la stufa in testa e mio zio di tre anni attaccato alla sua gonna. Era anche incinta di mia madre. Chiaramente la fonte era a 800/900 metri da casa loro. Lei si che se la godeva, che incinta se la spassava per campi. Che bello prima. Eppure mi sembra che neanche loro potevano permettersi di stare a letto con la febbre. Si dovevano alzare, ma per necessità primarie. Perchè altrimenti non si mangiava. In citttà non si guadagnava e in campagna colture e bestie non potevano aspettare. Certo è vero che noi oltre al lavoro abbiamo un sacco di cose da fare, da scoprire, da vedere, imparare. Abbiamo, davanti a noi, un mondo che ci attende con tutte le sue ricchezze. E abbiamo i mezzi per scoprirlo. I libri alla portata di tutti, le riviste, la televisione con "200.000" canali, i dischi. Che bello ascoltare album che ti fanno scoprire sonorità diverse provenienti da tutto il mondo che si contaminano a vicenda. E il cinema e il teatro e il tennis, il calcio, il free climbing(!?!?!?...per più avventurosi). I viaggi e le gitarelle fuori porta. Sono un sacco di cose da fare che consumano il nostro tempo. Invece prima? Quanti leggevano? Quanti potevano leggere? Quanti SAPEVANO leggere. La classe bassa della società era la stragrande maggioranza, una piccola classe media e i soliti 4 ricchi. Nelle grandi Città le cose andavano un po' meglio. Ma nelle periferie il livello scendeva e nelle campagne apriti cielo. La vita cos'era? Il lavoro e poi tornavi a casa. Sfatto, con le mani rovinate, la schiena distrutta e le gambe a pezzi, ma sul serio. E che facevano, se ne stavano lì a guardare le mogli che preparavano la cena senza neanche la forza di pensare. E le mogli? Dentro casa a fare il lavoro che noi oggi facciamo con due tre ore. Loro lo facevano in una giornata, senza contare i figli a cui badare. Quello era il loro mondo da scoprire. Certo ci scappava la chiacchierata con le vicine, il pettegolezzo. Mamma che vita! Altro che sms, telefono, skype, facebook, anobii, msn, google talk, e aperitivi, pub ecc ecc per incontrarsi e confrontarsi, per condividere ed "imparare". Molto meglio prima no? E vogliamo parlare del cibo, della quantità e della qualità? Bene la stragrande maggioranza non ne aveva accesso. E allora si ingegnavano e ci hanno lasciato le fantastiche ricette e prodotti tipici che noi oggi adoriamo. Ma quando facevano il prosciutto, quello tipico, quello che oggi è ricercato, se ne mangiava qualche fetta solo a Natale. Gli altri pochi, venivano venduti, ai "signori", a chi stava bene: notai, avvocati, commercialisti, medici, proprietari, professori e tutte le loro famiglie. Perchè in verità, c'era gente che stava bene e forse si godeva la vita. Ma erano pochi ed erano delle caste, molto più di oggi, molto più potenti. Ci sono ancora, ma loro stessi ti diranno che non è più come una volta. E io dico: meno male! Meno male che non è più come una volta! Ancora troppo poco!
La verità è che le migliori condizioni nella nostra vita, nella vita dell'essere umano, non sono in un fantastico eden del tempo che fu, ma sono nel futuro, nell'evoluzione. Noi occidentali viviamo nelle condizioni migliori di sempre, abbiamo una vita media di 80 anni e una qualità di vita senza pari nella storia. E che ci piaccia o no, il capitalismo ha avuto il suo ruolo in questo. Forse è giunto il momento di fare ancora un altro passino in avanti e pensare ad una sua evoluzione. Ad un evoluzione consapevole dei suoi limiti ed incongruenze, questo si. Ma ora, in questo momento, quello che dovrebbe fare ognuno di noi è imparare a controllare questo "benessere" e la mole di cose che abbiamo oggi la possibilità di fare e approfondire a nostro gusto e piacimento, comprese le eccellenze e tipicità del passato. Questo ancora dobbiamo imparare, ed è un fatto personale.
Stiamo così male da dover rimpiangere chissà quale eden passato dove l'uomo non era altro che la sua vera essenza. Tant'è che oggi non possiamo permetterci di stare male, mentre prima avevano tutto il tempo per stare male, al calduccio sotto le loro copertucce. Perchè no. Basti pensare ai nostri nonni. La loro si che era vita. Senza tutto questo correre, queste aziende che producono, per che cosa poi? Ci hanno rovinato la vita. Certo che era meglio quando mia nonna andava alla fonte a lavare i panni con la "bagnarola" sotto braccio e una piccola catasta di legna per la stufa in testa e mio zio di tre anni attaccato alla sua gonna. Era anche incinta di mia madre. Chiaramente la fonte era a 800/900 metri da casa loro. Lei si che se la godeva, che incinta se la spassava per campi. Che bello prima. Eppure mi sembra che neanche loro potevano permettersi di stare a letto con la febbre. Si dovevano alzare, ma per necessità primarie. Perchè altrimenti non si mangiava. In citttà non si guadagnava e in campagna colture e bestie non potevano aspettare. Certo è vero che noi oltre al lavoro abbiamo un sacco di cose da fare, da scoprire, da vedere, imparare. Abbiamo, davanti a noi, un mondo che ci attende con tutte le sue ricchezze. E abbiamo i mezzi per scoprirlo. I libri alla portata di tutti, le riviste, la televisione con "200.000" canali, i dischi. Che bello ascoltare album che ti fanno scoprire sonorità diverse provenienti da tutto il mondo che si contaminano a vicenda. E il cinema e il teatro e il tennis, il calcio, il free climbing(!?!?!?...per più avventurosi). I viaggi e le gitarelle fuori porta. Sono un sacco di cose da fare che consumano il nostro tempo. Invece prima? Quanti leggevano? Quanti potevano leggere? Quanti SAPEVANO leggere. La classe bassa della società era la stragrande maggioranza, una piccola classe media e i soliti 4 ricchi. Nelle grandi Città le cose andavano un po' meglio. Ma nelle periferie il livello scendeva e nelle campagne apriti cielo. La vita cos'era? Il lavoro e poi tornavi a casa. Sfatto, con le mani rovinate, la schiena distrutta e le gambe a pezzi, ma sul serio. E che facevano, se ne stavano lì a guardare le mogli che preparavano la cena senza neanche la forza di pensare. E le mogli? Dentro casa a fare il lavoro che noi oggi facciamo con due tre ore. Loro lo facevano in una giornata, senza contare i figli a cui badare. Quello era il loro mondo da scoprire. Certo ci scappava la chiacchierata con le vicine, il pettegolezzo. Mamma che vita! Altro che sms, telefono, skype, facebook, anobii, msn, google talk, e aperitivi, pub ecc ecc per incontrarsi e confrontarsi, per condividere ed "imparare". Molto meglio prima no? E vogliamo parlare del cibo, della quantità e della qualità? Bene la stragrande maggioranza non ne aveva accesso. E allora si ingegnavano e ci hanno lasciato le fantastiche ricette e prodotti tipici che noi oggi adoriamo. Ma quando facevano il prosciutto, quello tipico, quello che oggi è ricercato, se ne mangiava qualche fetta solo a Natale. Gli altri pochi, venivano venduti, ai "signori", a chi stava bene: notai, avvocati, commercialisti, medici, proprietari, professori e tutte le loro famiglie. Perchè in verità, c'era gente che stava bene e forse si godeva la vita. Ma erano pochi ed erano delle caste, molto più di oggi, molto più potenti. Ci sono ancora, ma loro stessi ti diranno che non è più come una volta. E io dico: meno male! Meno male che non è più come una volta! Ancora troppo poco!
La verità è che le migliori condizioni nella nostra vita, nella vita dell'essere umano, non sono in un fantastico eden del tempo che fu, ma sono nel futuro, nell'evoluzione. Noi occidentali viviamo nelle condizioni migliori di sempre, abbiamo una vita media di 80 anni e una qualità di vita senza pari nella storia. E che ci piaccia o no, il capitalismo ha avuto il suo ruolo in questo. Forse è giunto il momento di fare ancora un altro passino in avanti e pensare ad una sua evoluzione. Ad un evoluzione consapevole dei suoi limiti ed incongruenze, questo si. Ma ora, in questo momento, quello che dovrebbe fare ognuno di noi è imparare a controllare questo "benessere" e la mole di cose che abbiamo oggi la possibilità di fare e approfondire a nostro gusto e piacimento, comprese le eccellenze e tipicità del passato. Questo ancora dobbiamo imparare, ed è un fatto personale.
sabato 14 maggio 2011
Nell'era in cui non è consentito stare male
A casa con la febbre, buoni buoni nel letto proprio non ci sappiamo stare. E la colpa secondo me risiede sempre nell'iper-attivismo a cui siamo abituati. Al quale la società capitalistica di oggi ci ha abituati. Quante volte ci capita di andare a prendere un caffè nel bar di uno sperduto e tranquillo paesino e ci lamentiamo perchè il servizio è lento? Oppure diciamo: "Guarda, dietro il bancone ci sono 3 persone quando ne basterebbe una, io sarei in grado di fare tutto più velocemente". Ecco, il principio è lo stesso. Nell'era del multitasking, in cui più o meno tutti abbiamo imparato a fare molte cose sequenzialmente (non contemporaneamente! perchè il cervello non può fare più di una cosa alla volta), è inaccettabile prenderserla comoda o addirittura fermarsi. Perchè? Perchè l'obiettivo è sempre quello: produrre, produrre, produrre. Se ti fermi non produci, se rallenti produci meno. Meno produzione meno guadagno. E, si sa, i soldi comandano su tutto.
Ed è così che in televisione pubblicizzano continuamente farmaci da banco. Hai mal di testa? Non fermarti a farti una dormita, (che è più efficace e salutare, ma non puoi permettertela), prendi Moment. Meglio Moment Act (che sapete cos'è? Il dosaggio di 2 Moment e nulla più). Hai la febbre, dolori dappertutto e non riesci a stare in piedi? C'è Actigrip. Lo prendi prima di andare a dormire, ti farà passare una notte meravigliosa e il giorno dopo è passato tutto. (Io l'ho preso e che mi prenda un colpo se non funziona. E' fenomenale, chissà che roba c'è dentro!) E' arrivata la primavera e ti senti fiacco? La soluzione è Supradyn. E così via.
Ma perchè se è normale sentirsi fiacchi in primavera non si può rallentare piuttosto che imbottirsi di vitamine e sali minerali (tra l'altro presenti abbondantemente già nella frutta e nella verdura, se solo la si mangiasse)? Perchè se si ha la testa che scoppia, presumibilmente perchè sotto stress, non accogliere il segnale che il corpo ci manda per farci capire che proprio non ne può più di andare avanti così? Perchè se abbiamo la febbre non metterci a letto rassegnati aspettando che le difese immunitarie svolgano la loro funzione? La febbre è la reazione di difesa del nostro organismo alle infezioni e noi cerchiamo di abbatterla imbottendoci di farmaci. Lo stesso principio dei vaccini. E la conclusione qual'è? Che ci ammaliamo sempre più spesso. Basti guardare la mia generazione contro quella dei miei nonni. Io mi ammalo minimo due volte l'anno loro mai. Perchè più ci imbottiamo di farmaci più indeboliamo l'organismo che non impara quindi a difendersi da solo.
E al di là di questa lezioncina in cui sembro salita in cattedra per tenere la lezione del giorno c'è la verità che io faccio esattamente come gli altri. E la cosa più grave è che ho preso consapevolezza di tutto questo solo da poco tempo. Vividamente da quando ho avuto l'incidente automobilistico che mi ha costretta a casa per 2 settimane e che, con la macchina, mi ha fatto perdere anche la mia amata indipendenza, nonchè ha fatto saltare tutti i miei numerosissimi impegni lavorativi e non.
Quando venerdì scorso 38°C di temperatura mi stavano abbattendo io ero capace solo di pensare: oddio, salta tutto il fine settimana che ho pianificato, oddio lunedì devo assolutamente andare a lavorare perchè ho troppe cose urgenti da portare avanti, ecc, ecc. Ed ero veramente arrabbiata per aver perso per la seconda volta in 2 mesi (la prima è sempre il famoso incidente) il controllo della mia vita. E quindi giù di farmaci. Neanche tanti in realtà, ma il paracetamolo (meglio noto sotto il nome di Tachipirina) non si nega a nessuno nella speranza di una più rapida ripresa.
Ed anche adesso che mi rendo conto di tutto in fondo penso comunque che prima mi riprendo meglio è.
Ormai la mentalità capitalistica ci è entrata nel sangue, perciò non solo al lavoro non puoi permetterti di ammalarti, ma non lo puoi fare neanche nella tua vita privata. Chi porta i figli a scuola e a far sport e dagli amici? Chi fa 10 lavatrici al giorno, cucina e pulisce? Chi va al cinema, al teatro e in pizzeria? Con la conclusione che arriva l'estate e siamo tutti distrutti e quindi spendiamo una barca di soldi per andare in un super-mega-resort dove non dobbiamo fare nulla (perchè gli altri lavorano per noi) e noi dobbiamo solo stare sdraiati su una spiaggia a riposare. Non fare nulla 2 settimane per riprendersi dallo stress di un anno intero.
E non credo sia questa la soluzione, perchè non c'è soluzione negli eccessi. Ci vorrebbe un equilibrio. Nella vita di tutti i giorni. Che oggi sembra proprio una chimera. E allora ci accontentiamo del centro benessere ogni tanto.
Ed è così che in televisione pubblicizzano continuamente farmaci da banco. Hai mal di testa? Non fermarti a farti una dormita, (che è più efficace e salutare, ma non puoi permettertela), prendi Moment. Meglio Moment Act (che sapete cos'è? Il dosaggio di 2 Moment e nulla più). Hai la febbre, dolori dappertutto e non riesci a stare in piedi? C'è Actigrip. Lo prendi prima di andare a dormire, ti farà passare una notte meravigliosa e il giorno dopo è passato tutto. (Io l'ho preso e che mi prenda un colpo se non funziona. E' fenomenale, chissà che roba c'è dentro!) E' arrivata la primavera e ti senti fiacco? La soluzione è Supradyn. E così via.
Ma perchè se è normale sentirsi fiacchi in primavera non si può rallentare piuttosto che imbottirsi di vitamine e sali minerali (tra l'altro presenti abbondantemente già nella frutta e nella verdura, se solo la si mangiasse)? Perchè se si ha la testa che scoppia, presumibilmente perchè sotto stress, non accogliere il segnale che il corpo ci manda per farci capire che proprio non ne può più di andare avanti così? Perchè se abbiamo la febbre non metterci a letto rassegnati aspettando che le difese immunitarie svolgano la loro funzione? La febbre è la reazione di difesa del nostro organismo alle infezioni e noi cerchiamo di abbatterla imbottendoci di farmaci. Lo stesso principio dei vaccini. E la conclusione qual'è? Che ci ammaliamo sempre più spesso. Basti guardare la mia generazione contro quella dei miei nonni. Io mi ammalo minimo due volte l'anno loro mai. Perchè più ci imbottiamo di farmaci più indeboliamo l'organismo che non impara quindi a difendersi da solo.
E al di là di questa lezioncina in cui sembro salita in cattedra per tenere la lezione del giorno c'è la verità che io faccio esattamente come gli altri. E la cosa più grave è che ho preso consapevolezza di tutto questo solo da poco tempo. Vividamente da quando ho avuto l'incidente automobilistico che mi ha costretta a casa per 2 settimane e che, con la macchina, mi ha fatto perdere anche la mia amata indipendenza, nonchè ha fatto saltare tutti i miei numerosissimi impegni lavorativi e non.
Quando venerdì scorso 38°C di temperatura mi stavano abbattendo io ero capace solo di pensare: oddio, salta tutto il fine settimana che ho pianificato, oddio lunedì devo assolutamente andare a lavorare perchè ho troppe cose urgenti da portare avanti, ecc, ecc. Ed ero veramente arrabbiata per aver perso per la seconda volta in 2 mesi (la prima è sempre il famoso incidente) il controllo della mia vita. E quindi giù di farmaci. Neanche tanti in realtà, ma il paracetamolo (meglio noto sotto il nome di Tachipirina) non si nega a nessuno nella speranza di una più rapida ripresa.
Ed anche adesso che mi rendo conto di tutto in fondo penso comunque che prima mi riprendo meglio è.
Ormai la mentalità capitalistica ci è entrata nel sangue, perciò non solo al lavoro non puoi permetterti di ammalarti, ma non lo puoi fare neanche nella tua vita privata. Chi porta i figli a scuola e a far sport e dagli amici? Chi fa 10 lavatrici al giorno, cucina e pulisce? Chi va al cinema, al teatro e in pizzeria? Con la conclusione che arriva l'estate e siamo tutti distrutti e quindi spendiamo una barca di soldi per andare in un super-mega-resort dove non dobbiamo fare nulla (perchè gli altri lavorano per noi) e noi dobbiamo solo stare sdraiati su una spiaggia a riposare. Non fare nulla 2 settimane per riprendersi dallo stress di un anno intero.
E non credo sia questa la soluzione, perchè non c'è soluzione negli eccessi. Ci vorrebbe un equilibrio. Nella vita di tutti i giorni. Che oggi sembra proprio una chimera. E allora ci accontentiamo del centro benessere ogni tanto.
domenica 24 aprile 2011
Riflessioni sulla Pasqua
Ci sono moltissime riflessioni da fare sulla Pasqua e sul Nuovo Testamento in generale.
Come ogni anno, in questo periodo, ho aperto il Vangelo per leggere gli eventi pasquali narrati dai quattro evangelisti. Quest'anno ho notato qualcosa di diverso rispetto agli altri anni: i miei appunti. L'ultima volta che ho letto il Vangelo, alla ricerca delle risposte alle domande pubblicate nel post "Nonostante il Vaticano", ho scritto accanto ai versi quello che mi passava per la mente: domande, riflessioni. Poi non ci avevo più badato, finchè non le ho ritrovate in questi giorni. E' stato interessante e stimolante, ma per ovvie ragioni non possono mettermi a riflettere in uno stesso momento su tutte quelle cose. Il Vangelo è meravigliosamente spunto di infinite riflessioni e vi si può stare sopra a meditare per tutta la vita senza aver comunque terminato. A dir poco fantastico...
Quello che però mi ha colpito di più quest'anno è una frase di Gesù che avevo sottolineato e che non si ritrova negli avvenimenti pasquali, bensì in Matteo 12,7.
Misericordia io voglio e non sacrificio.
Qui la frase è legata al riposo sabatico ed al fatto che Gesù spiega che il sabato (giorno di riposo) è stato fatto per l'uomo, non l'uomo per il sabato. Ma quanti spunti ci sono in questa frase. E' una di quelle frasi che riassumono tutti gli insegnamenti di Gesù.
Alcuni miei amici mi chiedono perchè a volte faccio i fioretti, i piccoli sacrifici, che senso ha. Io rispondo, ma devo ammettere che a volte la stessa domanda me la sono posta anche io.
Personalmente non faccio fioretti che vogliono essere voti per chiedere qualche grazia in cambio. Li faccio semplicemente per offrire un piccolo sacrificio a Gesù. Rinuncio per esempio a mangiare i dolci che amo tanto e lo faccio soprattutto nel periodo di Quaresima.
Perchè in Quaresima credo sia semplice da capire. Per essere vicini a Gesù quando si è ritirato nel deserto a riflettere, in seguito al suo battesimo, per 40 giorni e 40 notti, senza mangiare nè bere. Per essere vicini a Gesù nella sua Passione. L'ultima cena di Gesù ci fu di giovedì e lui non mangiò più nulla fino alla morte, per questo il Venerdì Santo si osserva il digiuno.
Ma perchè fare fioretti anche durante il resto dell'anno? Perchè se si soffre o se si è irritati si offre quel dolore e quel fastidio a Gesù?
La mia risposta personale è che senza il sacrificio non si capisce il senso della vita e non solo di quella cristiana. Sono assolutamente convinta che senza il dolore non sapremmo riconoscere la gioia, senza la sfortuna non vedremmo i privilegi, senza la morte non apprezzeremmo il dono della vita. Basti vedere la generazione dei nostri genitori, che è dovuta essere (per necessità) assai più dedita al sacrificio di quanto lo siamo noi. Senza i loro sacrifici non avrebbero ottenuto i benefici di cui oggi godono e non sarebbero stati in grado di apprezzarli. Noi oggi godiamo gratuitamente dei sacrifici loro e infatti spesso non li apprezziamo. Non li vediamo anche dove ci sono. Io ho imparato il valore delle cose quando non le ho potute avere subito e quindi le ho dovute anelare. Quando poi quelle cose sono arrivate ne ho avuto molta più cura.
Ecco cos'è per me il sacrificio e perchè è importante. Eppure io stessa a volte mi chiedo quanto davvero a Dio sia grato.
Infatti Gesù va oltre. Al popolo di Israele, che segue riti sacrificali secondo quanto riportato nel Vecchio Testamento, Gesù dice che a lui non interessano tanto i sacrifici quali il digiuno o l'uccisione di un agnello. Ciò che Gesù chiede, CI chiede, è la misericordia.
La definizione di misericordia che si trova sul vocabolario è compassione verso le miserie altrui.
Misericordia nei confronti degli altri essere umani e nei confronti di tutto il creato. Quanto la misericordia è legata al nuovo comandamento di Gesù: amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi. Quanto è legata al concetto di perdono: perdona al tuo nemico non fino a 7 volte, ma fino a 70 volte 7 (cioè sempre). La misericordia è l'amore che Gesù ci ha insegnato. E' il sentimento a Lui più caro.
E la misericordia richiede un grandissimo sacrificio per noi essere umani che invece tendiamo sempre alla miseria dell'animo. Perchè è più facile digiunare il venerdì, immolare un agnello o rinunciare a qualcosa di pratico che ci piace tanto, ma è molto più difficile amare un nostro fratello, soprattutto se ci ha fatto un torto. Perdonarlo. Tanto più nella società egoistica in cui viviamo oggi. Quanto è difficile provare compassione verso i poveri, gli extracomunitari, le prostitute, verso tutti gli ultimi della nostra società. Quanto è difficile fare concretamente qualcosa per migliorare quel piccolo angolo di mondo che ci è stato affidato (che non corrisponde all'orticello da curare a scapito del vicino!) E' estremamente difficile non tanto perchè tendiamo a fare del male, quanto perchè tendiamo a fare omissione, a fare finta di non vedere i poveri e tutti i bisognosi che invece necessitano del nostro aiuto. E non c'è neanche bisogno di andare a cercare gli ultimi della terra, basta mettersi al volante della propria auto per scoprire quanto è difficile, innaturale, provare misericordia per noi essere umani.
Gesù dice che vuole misericordia e non sacrificio, ma io credo che provare misericordia sia per noi il sacrificio più grande. Forse è proprio questo il fioretto, il voto che dovremmo offrire a Gesù, non solo in tempo di Quaresima. Anche quando chiediamo una grazia, forse saremmo più ascoltati se offrissimo misericordia piuttosto che l'astinenza dai dolci o dalla carne.
Questo io credo, che se diciamo di essere cristiani, allora dobbiamo imparare a provare misericordia.
Come ogni anno, in questo periodo, ho aperto il Vangelo per leggere gli eventi pasquali narrati dai quattro evangelisti. Quest'anno ho notato qualcosa di diverso rispetto agli altri anni: i miei appunti. L'ultima volta che ho letto il Vangelo, alla ricerca delle risposte alle domande pubblicate nel post "Nonostante il Vaticano", ho scritto accanto ai versi quello che mi passava per la mente: domande, riflessioni. Poi non ci avevo più badato, finchè non le ho ritrovate in questi giorni. E' stato interessante e stimolante, ma per ovvie ragioni non possono mettermi a riflettere in uno stesso momento su tutte quelle cose. Il Vangelo è meravigliosamente spunto di infinite riflessioni e vi si può stare sopra a meditare per tutta la vita senza aver comunque terminato. A dir poco fantastico...
Quello che però mi ha colpito di più quest'anno è una frase di Gesù che avevo sottolineato e che non si ritrova negli avvenimenti pasquali, bensì in Matteo 12,7.
Misericordia io voglio e non sacrificio.
Qui la frase è legata al riposo sabatico ed al fatto che Gesù spiega che il sabato (giorno di riposo) è stato fatto per l'uomo, non l'uomo per il sabato. Ma quanti spunti ci sono in questa frase. E' una di quelle frasi che riassumono tutti gli insegnamenti di Gesù.
Alcuni miei amici mi chiedono perchè a volte faccio i fioretti, i piccoli sacrifici, che senso ha. Io rispondo, ma devo ammettere che a volte la stessa domanda me la sono posta anche io.
Personalmente non faccio fioretti che vogliono essere voti per chiedere qualche grazia in cambio. Li faccio semplicemente per offrire un piccolo sacrificio a Gesù. Rinuncio per esempio a mangiare i dolci che amo tanto e lo faccio soprattutto nel periodo di Quaresima.
Perchè in Quaresima credo sia semplice da capire. Per essere vicini a Gesù quando si è ritirato nel deserto a riflettere, in seguito al suo battesimo, per 40 giorni e 40 notti, senza mangiare nè bere. Per essere vicini a Gesù nella sua Passione. L'ultima cena di Gesù ci fu di giovedì e lui non mangiò più nulla fino alla morte, per questo il Venerdì Santo si osserva il digiuno.
Ma perchè fare fioretti anche durante il resto dell'anno? Perchè se si soffre o se si è irritati si offre quel dolore e quel fastidio a Gesù?
La mia risposta personale è che senza il sacrificio non si capisce il senso della vita e non solo di quella cristiana. Sono assolutamente convinta che senza il dolore non sapremmo riconoscere la gioia, senza la sfortuna non vedremmo i privilegi, senza la morte non apprezzeremmo il dono della vita. Basti vedere la generazione dei nostri genitori, che è dovuta essere (per necessità) assai più dedita al sacrificio di quanto lo siamo noi. Senza i loro sacrifici non avrebbero ottenuto i benefici di cui oggi godono e non sarebbero stati in grado di apprezzarli. Noi oggi godiamo gratuitamente dei sacrifici loro e infatti spesso non li apprezziamo. Non li vediamo anche dove ci sono. Io ho imparato il valore delle cose quando non le ho potute avere subito e quindi le ho dovute anelare. Quando poi quelle cose sono arrivate ne ho avuto molta più cura.
Ecco cos'è per me il sacrificio e perchè è importante. Eppure io stessa a volte mi chiedo quanto davvero a Dio sia grato.
Infatti Gesù va oltre. Al popolo di Israele, che segue riti sacrificali secondo quanto riportato nel Vecchio Testamento, Gesù dice che a lui non interessano tanto i sacrifici quali il digiuno o l'uccisione di un agnello. Ciò che Gesù chiede, CI chiede, è la misericordia.
La definizione di misericordia che si trova sul vocabolario è compassione verso le miserie altrui.
Misericordia nei confronti degli altri essere umani e nei confronti di tutto il creato. Quanto la misericordia è legata al nuovo comandamento di Gesù: amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi. Quanto è legata al concetto di perdono: perdona al tuo nemico non fino a 7 volte, ma fino a 70 volte 7 (cioè sempre). La misericordia è l'amore che Gesù ci ha insegnato. E' il sentimento a Lui più caro.
E la misericordia richiede un grandissimo sacrificio per noi essere umani che invece tendiamo sempre alla miseria dell'animo. Perchè è più facile digiunare il venerdì, immolare un agnello o rinunciare a qualcosa di pratico che ci piace tanto, ma è molto più difficile amare un nostro fratello, soprattutto se ci ha fatto un torto. Perdonarlo. Tanto più nella società egoistica in cui viviamo oggi. Quanto è difficile provare compassione verso i poveri, gli extracomunitari, le prostitute, verso tutti gli ultimi della nostra società. Quanto è difficile fare concretamente qualcosa per migliorare quel piccolo angolo di mondo che ci è stato affidato (che non corrisponde all'orticello da curare a scapito del vicino!) E' estremamente difficile non tanto perchè tendiamo a fare del male, quanto perchè tendiamo a fare omissione, a fare finta di non vedere i poveri e tutti i bisognosi che invece necessitano del nostro aiuto. E non c'è neanche bisogno di andare a cercare gli ultimi della terra, basta mettersi al volante della propria auto per scoprire quanto è difficile, innaturale, provare misericordia per noi essere umani.
Gesù dice che vuole misericordia e non sacrificio, ma io credo che provare misericordia sia per noi il sacrificio più grande. Forse è proprio questo il fioretto, il voto che dovremmo offrire a Gesù, non solo in tempo di Quaresima. Anche quando chiediamo una grazia, forse saremmo più ascoltati se offrissimo misericordia piuttosto che l'astinenza dai dolci o dalla carne.
Questo io credo, che se diciamo di essere cristiani, allora dobbiamo imparare a provare misericordia.
La mia passione per il teatro... da dietro le quinte
“Valentina è una bambina molto timida. E’ chiusa, interagisce poco con gli altri bambini, non è predisposta alla socializzazione.” [pagella prima elementare]
Valentina è una bambina molto dinamica ed ogni anno pratica uno sport diverso.
Nuoto.
Pattinaggio.
Ginnastica ritmica.
Ha anche fatto parte delle Coccinelle nei boy scouts.
Ogni anno però abbandona uno sport e ne prova un altro. Sembra che lo faccia perché ancora non ha trovato lo sport che veramente le piace.
Ginnastica ritmica l’ha scelta per lo stesso motivo per cui la scelgono tutte le bambine della sua generazione: il cartone animato Hilary, la cui protagonista volteggia elegantemente con il nastro. Valentina il nastro lo ha provato solo per gioco, perché non ne è previsto l’uso durante il primo anno. E’ brava con la palla e la corda ed è una pasticciona con cerchio e clavette, ma tutto sommato se la cava bene. Una cosa poi è certa: di tutti gli sport che ha provato fino a quel momento, la ginnastica ritmica è il suo preferito. E’ questo lo sport che fa per lei.
Eppure dopo un anno l’ha abbandonato.
Come gli altri.
Per la precisione l’ultima lezione l’ha seguita a maggio. Perché a giugno c’era un saggio in cui lei si sarebbe dovuta esibire, insieme alle sue compagne, davanti a tutti.
Ma perché ogni sport deve avere un maledettissimo saggio a fine anno?! Non ci si può godere lo sport per quello che è, senza dover costruire ogni volta una coreografia da mostrare a genitori e parenti? L’insegnante di ginnastica ha tentato di convincere Valentina e i suoi genitori a non mollare, ma Valentina è irremovibile. No, no e no, io quel maledetto saggio davanti a tutti non lo faccio!
Vent’anni dopo.
Valentina è a teatro.
Sul palco.
Davanti a un centinaio di persone.
E recita.
Sono ormai due anni che frequenta un corso di teatro e, mentre nella prima commedia si è molto divertita ad interpretare la parte di una vecchia tirchia e rompiscatole, adesso sta sperimentando una nuova esperienza. Non con la compagnia del suo corso, ma con la compagnia di una comunità parrocchiale, e si sta cimentando nel ruolo di una giovane lady inglese bella e ricca. Il suo è il personaggio meno comico degli altri ed è per questa ragione che lei si deve impegnare molto per cercare di caratterizzarlo e renderlo il più interessante possibile. Ha ragione il suo amico/maestro: “Non esiste un ruolo più o meno importante, bello o difficile, ma esiste solo un bravo attore”. Se sei un bravo attore allora puoi rendere interessante qualsiasi personaggio. Valentina non è una brava attrice, anzi, non è un’attrice, ma ci prova e soprattutto si diverte a farlo.
Molte persone le chiedono: ma non ti vergogni a recitare davanti a tutti? Non hai paura di dimenticare le battute?
La verità è che Valentina, prima di entrare in scena, è eccitata. Non prova vergogna, paura, disagio. E’ eccitata e felice. Si sente viva. E quando entra in scena quell’eccitazione si fonde con il suo personaggio e lo rende reale. Valentina eccitata sul palco diventa il personaggio che interpreta. Condividere il cocktail di emozioni indescrivibili che tutto questo scatena con la sua famiglia ed i suoi amici è la parte più bella della sua vita di “attrice”, ma quando qualcuno che non conosce le dice che è stata brava allora questo non ha prezzo.
Recita, Valentina, davanti a quel pubblico, come se fosse la cosa più naturale del mondo. Come se lo avesse sempre fatto. Come se chiunque potesse sentirsi a proprio agio in un contesto simile. Come farsi un bagno a mare in una calda giornata d’estate, o come un bambino che mangia il gelato, o come un gatto che si accoccola ai piedi del letto. Tutti si chiedono come fa. Come fa ad essere così naturale e a proprio agio lì su quel palco.
Davanti a tutti.
Anche Valentina se lo chiede e non è sicura di avere la risposta. Non è sicura di aver davvero capito come è potuta diventare così disinvolta quando si bloccava davanti ad un saggio che chiunque era invece in grado di sostenere. Però qualche idea se l’è fatta…
La verità comunque è che ora a Valentina importa solo che quando il sipario si chiude e lei esce poco dopo ad accogliere gli applausi del pubblico, è felice e non ha timore di guardare tutte quelle persone negli occhi, finalmente, dopo lo spettacolo.
Valentina è una bambina molto dinamica ed ogni anno pratica uno sport diverso.
Nuoto.
Pattinaggio.
Ginnastica ritmica.
Ha anche fatto parte delle Coccinelle nei boy scouts.
Ogni anno però abbandona uno sport e ne prova un altro. Sembra che lo faccia perché ancora non ha trovato lo sport che veramente le piace.
Ginnastica ritmica l’ha scelta per lo stesso motivo per cui la scelgono tutte le bambine della sua generazione: il cartone animato Hilary, la cui protagonista volteggia elegantemente con il nastro. Valentina il nastro lo ha provato solo per gioco, perché non ne è previsto l’uso durante il primo anno. E’ brava con la palla e la corda ed è una pasticciona con cerchio e clavette, ma tutto sommato se la cava bene. Una cosa poi è certa: di tutti gli sport che ha provato fino a quel momento, la ginnastica ritmica è il suo preferito. E’ questo lo sport che fa per lei.
Eppure dopo un anno l’ha abbandonato.
Come gli altri.
Per la precisione l’ultima lezione l’ha seguita a maggio. Perché a giugno c’era un saggio in cui lei si sarebbe dovuta esibire, insieme alle sue compagne, davanti a tutti.
Ma perché ogni sport deve avere un maledettissimo saggio a fine anno?! Non ci si può godere lo sport per quello che è, senza dover costruire ogni volta una coreografia da mostrare a genitori e parenti? L’insegnante di ginnastica ha tentato di convincere Valentina e i suoi genitori a non mollare, ma Valentina è irremovibile. No, no e no, io quel maledetto saggio davanti a tutti non lo faccio!
Vent’anni dopo.
Valentina è a teatro.
Sul palco.
Davanti a un centinaio di persone.
E recita.
Sono ormai due anni che frequenta un corso di teatro e, mentre nella prima commedia si è molto divertita ad interpretare la parte di una vecchia tirchia e rompiscatole, adesso sta sperimentando una nuova esperienza. Non con la compagnia del suo corso, ma con la compagnia di una comunità parrocchiale, e si sta cimentando nel ruolo di una giovane lady inglese bella e ricca. Il suo è il personaggio meno comico degli altri ed è per questa ragione che lei si deve impegnare molto per cercare di caratterizzarlo e renderlo il più interessante possibile. Ha ragione il suo amico/maestro: “Non esiste un ruolo più o meno importante, bello o difficile, ma esiste solo un bravo attore”. Se sei un bravo attore allora puoi rendere interessante qualsiasi personaggio. Valentina non è una brava attrice, anzi, non è un’attrice, ma ci prova e soprattutto si diverte a farlo.
Molte persone le chiedono: ma non ti vergogni a recitare davanti a tutti? Non hai paura di dimenticare le battute?
La verità è che Valentina, prima di entrare in scena, è eccitata. Non prova vergogna, paura, disagio. E’ eccitata e felice. Si sente viva. E quando entra in scena quell’eccitazione si fonde con il suo personaggio e lo rende reale. Valentina eccitata sul palco diventa il personaggio che interpreta. Condividere il cocktail di emozioni indescrivibili che tutto questo scatena con la sua famiglia ed i suoi amici è la parte più bella della sua vita di “attrice”, ma quando qualcuno che non conosce le dice che è stata brava allora questo non ha prezzo.
Recita, Valentina, davanti a quel pubblico, come se fosse la cosa più naturale del mondo. Come se lo avesse sempre fatto. Come se chiunque potesse sentirsi a proprio agio in un contesto simile. Come farsi un bagno a mare in una calda giornata d’estate, o come un bambino che mangia il gelato, o come un gatto che si accoccola ai piedi del letto. Tutti si chiedono come fa. Come fa ad essere così naturale e a proprio agio lì su quel palco.
Davanti a tutti.
Anche Valentina se lo chiede e non è sicura di avere la risposta. Non è sicura di aver davvero capito come è potuta diventare così disinvolta quando si bloccava davanti ad un saggio che chiunque era invece in grado di sostenere. Però qualche idea se l’è fatta…
La verità comunque è che ora a Valentina importa solo che quando il sipario si chiude e lei esce poco dopo ad accogliere gli applausi del pubblico, è felice e non ha timore di guardare tutte quelle persone negli occhi, finalmente, dopo lo spettacolo.
lunedì 18 aprile 2011
La mattina quando mi alzo per andare a lavorare... il cervello va in pappa (e si legge)
Sfido chiunque ad alzarsi sempre volentieri la mattina presto per andare a lavorare. Anche se ci piace il lavoro che facciamo, anche se abbiamo riposato la notte precedente, il momento in cui suona la sveglia di solito è drammatico, alla faccia dei falsi sorrisi che ci propinano le pubblicità di biscotti per la prima colazione. Ed ognuno affronta quel momento drammatico come può. Come sa. Io lavoro solamente da sei anni, ma ho dovuto comunque trovare una mia strategia per riuscire ad alzarmi dal letto tutte le mattine, anche quando mi sento molto stanca.
La prima strategia consiste nello spegnere il cervello appena la sveglia tenta di accenderlo. Questo non significa voltarmi dall’altra parte e riaddormentarmi, ma alzarmi dal letto senza farne una tragedia. Dopo averne sperimentati diversi posso dire di non aver trovato molti sistemi e allora ne ho scelto uno che mi riesce abbastanza bene: quello dell’automa. Appena metto piede fuori dal letto spengo il mio cervello e faccio compiere al mio corpo movimenti automatici, quali fare colazione, lavarmi e vestirmi. Una volta che sono vestita il peggio è passato e posso addirittura procedere con l’imbellettarmi il viso. Comportarsi da automa significa non pensare assolutamente a nulla, tanto meno al motivo per cui ci si è alzati così presto. Personalmente potrei rischiare una crisi di nervi.
Una volta uscita di casa è fatta, ma non è che sia comunque di buon umore. Allora per migliorarmi mi attacco a quello che posso. La prima a cosa a cui mi attacco è l’asilo di fronte casa mia.
L’asilo? - chiederete voi. Eh sì, un asilo. Non perché mi mettano allegria i bambini, (semmai a prima mattina è esattamente il contrario), mica mi concentro su di loro. Io mi concentro sulla casetta. Ebbene sì, perché questo asilo è una casetta di quelle vecchio stile, sviluppata su un unico piano, circondata da giardino privato, con tetto spiovente classicamente dipinto di rosso e il comignolo fumante in cima. Che bella immagine - penserete adesso, convinti di aver capito tutto. E invece no, perché l’immagine è abbastanza brutta. La casa è vecchia, mal tenuta e piena di scritte sui muri. Se avessi un figlio mai e poi mai lo manderei lì dentro. Però a me che importa com’è veramente quella casetta, è il principio che conta. E il principio è che quella è una casetta vecchio stile, con il tetto rosso e il comignolo fumante. Ecco, è il comignolo il fulcro di tutto. Se dovesse capitarmi di trovarlo inattivo potrebbe prendermi la depressione. Perché vedere il comignolo fumante mi fa pensare che dentro ci sia un camino acceso (cosa che probabilmente non è) e magari qualcuno che prepara i biscotti fatti in casa per i bambini (ancora meno probabile) e tutto questo mi mette un calore dentro che mi riscalda il cuore. Funziona bene anche nelle afosissime mattine d’estate. Così esco di casa, dopo aver brillantemente superato la fase 1, percorro il vialetto attraverso il cortile del mio palazzo e mi ritrovo davanti la casetta col comignolo fumante. Mi concentro su di esso, inspiro profondamente l’aria, tiro fuori un lieve sorriso ed anche la fase 2 è andata.
Tra la fase 2 e la fase 3 mi devo ricordare dove ho parcheggiato la macchina la sera prima.
La fase 3 si svolge sulla Roma - L’Aquila. Appena imbocco l’autostrada mi soffermo a contemplare il cielo. Che sia grigio di pioggia, bianco di neve o azzurro terso non importa, l’importante è che ci sia, (ognuno ha le sue certezze e se ci venisse a mancare il cielo credo sarebbe un problema per tutti). Mi mette davvero serenità osservare il cielo dalla A24, perché l’ampio spazio permette di goderne l’osservazione di una buona fetta.
La fase 4 è la più importante di tutte. Se venisse a mancare quella diventerei davvero matta e probabilmente arriverei al lavoro e darei le dimissioni. La fase 4 è un vecchietto col suo chioschetto di vivande. Quando lascio prima la A24 e poi il GRA mi immetto in una stradina sfigata che mi porta dritta dritta (più o meno) in azienda. Ed è in questa stradina che tutte le mattine c’è lui. All’ora in cui passo di solito lui sta lì che pulisce il suo chioschetto e sistema lattine e bottigliette ed io, in quei pochi secondi che gli passo davanti, lo contemplo estasiata. Lui mi dà la forza di andare al lavoro tutte le mattine a prescindere da quello che al lavoro mi aspetta. Penso che se lui sta sempre lì, tutti i giorni, col suo chioschetto, a prescindere che faccia davvero molto freddo o davvero molto caldo, allora io posso affrontare la mia giornata lavorativa in un laboratorio decentemente condizionato, a fare il lavoro per cui ho studiato e che nonostante gli alti, i bassi e le difficoltà mi regala delle soddisfazioni. Io ho quel vecchietto che mi dà la forza quando sono stanca e mi chiedo chi abbia mai lui ad aiutarlo ad alzarsi tutte le mattine. Se anche lui fa l’automa, se ha le sue fasi, quante ne ha. Anche se poi la risposta che mi ronza in testa è che lui non abbia proprio nessuno a stimolarlo e nessuno fase che lo aspetta. Lo fa semplicemente perché deve portare a casa la pagnotta a fine giornata. Ed io, per quel vecchietto lì, provo un’ammirazione incredibile. Certe volte ho pensato: una mattina mi accosto con la macchina, scendo, mi avvicino e gli parlo. E gli racconto tutto. Glielo dico che lui mi dà la forza e tutto il resto. Perché magari gli farebbe piacere saperlo. Ma so che non lo farò mai. Perché potrei rovinare tutto, far svanire l’incantesimo. E così continuo a passare di lì fingendo di essere una delle tante auto che non si accorge nemmeno della sua presenza.
Dopo la fase 4 tutto il resto non conta. C’è in realtà una fase 5, ma per me non è importante come la 4. Forse se venisse prima avrebbe un altro effetto, ma dopo il vecchietto col chioschetto nulla può raggiungere la stessa intensità. La fase 5 sono i rom del campo nomadi che si trova vicino la mia azienda. Tutte le mattine li vedo percorrere (mi sembrano sempre diversi) la stessa strada che io faccio nel verso contrario. A volte camminano singolarmente, a volte a coppie e a volte in gruppo, spesso con bambini, e chissà dove andranno mai. Che io sappia non c’è nulla in quella direzione, ma immagino che ci sia un qualche supermercato dove vanno a rifornirsi (il che è impossibile dato che è mattina presto). Quando li vedo penso un sacco di cose e sempre diverse e posso dire che dopo aver visto loro il mio cervello si mette davvero in moto ed è pronto ad iniziare la giornata.
Infatti poco dopo arrivo al parcheggio dell’azienda e tutto ha inizio.
Di solito va bene e non perché non si presentino mai problemi, anzi. Però va bene perché a quel punto ho immagazzinato abbastanza sorriso, serenità, forza e discernimento per affrontare con un briciolo di saggezza la giornata. E ogni tanto mi capita di ripensare al mio caro vecchietto e a quando lo rivedrò il giorno dopo.
La prima strategia consiste nello spegnere il cervello appena la sveglia tenta di accenderlo. Questo non significa voltarmi dall’altra parte e riaddormentarmi, ma alzarmi dal letto senza farne una tragedia. Dopo averne sperimentati diversi posso dire di non aver trovato molti sistemi e allora ne ho scelto uno che mi riesce abbastanza bene: quello dell’automa. Appena metto piede fuori dal letto spengo il mio cervello e faccio compiere al mio corpo movimenti automatici, quali fare colazione, lavarmi e vestirmi. Una volta che sono vestita il peggio è passato e posso addirittura procedere con l’imbellettarmi il viso. Comportarsi da automa significa non pensare assolutamente a nulla, tanto meno al motivo per cui ci si è alzati così presto. Personalmente potrei rischiare una crisi di nervi.
Una volta uscita di casa è fatta, ma non è che sia comunque di buon umore. Allora per migliorarmi mi attacco a quello che posso. La prima a cosa a cui mi attacco è l’asilo di fronte casa mia.
L’asilo? - chiederete voi. Eh sì, un asilo. Non perché mi mettano allegria i bambini, (semmai a prima mattina è esattamente il contrario), mica mi concentro su di loro. Io mi concentro sulla casetta. Ebbene sì, perché questo asilo è una casetta di quelle vecchio stile, sviluppata su un unico piano, circondata da giardino privato, con tetto spiovente classicamente dipinto di rosso e il comignolo fumante in cima. Che bella immagine - penserete adesso, convinti di aver capito tutto. E invece no, perché l’immagine è abbastanza brutta. La casa è vecchia, mal tenuta e piena di scritte sui muri. Se avessi un figlio mai e poi mai lo manderei lì dentro. Però a me che importa com’è veramente quella casetta, è il principio che conta. E il principio è che quella è una casetta vecchio stile, con il tetto rosso e il comignolo fumante. Ecco, è il comignolo il fulcro di tutto. Se dovesse capitarmi di trovarlo inattivo potrebbe prendermi la depressione. Perché vedere il comignolo fumante mi fa pensare che dentro ci sia un camino acceso (cosa che probabilmente non è) e magari qualcuno che prepara i biscotti fatti in casa per i bambini (ancora meno probabile) e tutto questo mi mette un calore dentro che mi riscalda il cuore. Funziona bene anche nelle afosissime mattine d’estate. Così esco di casa, dopo aver brillantemente superato la fase 1, percorro il vialetto attraverso il cortile del mio palazzo e mi ritrovo davanti la casetta col comignolo fumante. Mi concentro su di esso, inspiro profondamente l’aria, tiro fuori un lieve sorriso ed anche la fase 2 è andata.
Tra la fase 2 e la fase 3 mi devo ricordare dove ho parcheggiato la macchina la sera prima.
La fase 3 si svolge sulla Roma - L’Aquila. Appena imbocco l’autostrada mi soffermo a contemplare il cielo. Che sia grigio di pioggia, bianco di neve o azzurro terso non importa, l’importante è che ci sia, (ognuno ha le sue certezze e se ci venisse a mancare il cielo credo sarebbe un problema per tutti). Mi mette davvero serenità osservare il cielo dalla A24, perché l’ampio spazio permette di goderne l’osservazione di una buona fetta.
La fase 4 è la più importante di tutte. Se venisse a mancare quella diventerei davvero matta e probabilmente arriverei al lavoro e darei le dimissioni. La fase 4 è un vecchietto col suo chioschetto di vivande. Quando lascio prima la A24 e poi il GRA mi immetto in una stradina sfigata che mi porta dritta dritta (più o meno) in azienda. Ed è in questa stradina che tutte le mattine c’è lui. All’ora in cui passo di solito lui sta lì che pulisce il suo chioschetto e sistema lattine e bottigliette ed io, in quei pochi secondi che gli passo davanti, lo contemplo estasiata. Lui mi dà la forza di andare al lavoro tutte le mattine a prescindere da quello che al lavoro mi aspetta. Penso che se lui sta sempre lì, tutti i giorni, col suo chioschetto, a prescindere che faccia davvero molto freddo o davvero molto caldo, allora io posso affrontare la mia giornata lavorativa in un laboratorio decentemente condizionato, a fare il lavoro per cui ho studiato e che nonostante gli alti, i bassi e le difficoltà mi regala delle soddisfazioni. Io ho quel vecchietto che mi dà la forza quando sono stanca e mi chiedo chi abbia mai lui ad aiutarlo ad alzarsi tutte le mattine. Se anche lui fa l’automa, se ha le sue fasi, quante ne ha. Anche se poi la risposta che mi ronza in testa è che lui non abbia proprio nessuno a stimolarlo e nessuno fase che lo aspetta. Lo fa semplicemente perché deve portare a casa la pagnotta a fine giornata. Ed io, per quel vecchietto lì, provo un’ammirazione incredibile. Certe volte ho pensato: una mattina mi accosto con la macchina, scendo, mi avvicino e gli parlo. E gli racconto tutto. Glielo dico che lui mi dà la forza e tutto il resto. Perché magari gli farebbe piacere saperlo. Ma so che non lo farò mai. Perché potrei rovinare tutto, far svanire l’incantesimo. E così continuo a passare di lì fingendo di essere una delle tante auto che non si accorge nemmeno della sua presenza.
Dopo la fase 4 tutto il resto non conta. C’è in realtà una fase 5, ma per me non è importante come la 4. Forse se venisse prima avrebbe un altro effetto, ma dopo il vecchietto col chioschetto nulla può raggiungere la stessa intensità. La fase 5 sono i rom del campo nomadi che si trova vicino la mia azienda. Tutte le mattine li vedo percorrere (mi sembrano sempre diversi) la stessa strada che io faccio nel verso contrario. A volte camminano singolarmente, a volte a coppie e a volte in gruppo, spesso con bambini, e chissà dove andranno mai. Che io sappia non c’è nulla in quella direzione, ma immagino che ci sia un qualche supermercato dove vanno a rifornirsi (il che è impossibile dato che è mattina presto). Quando li vedo penso un sacco di cose e sempre diverse e posso dire che dopo aver visto loro il mio cervello si mette davvero in moto ed è pronto ad iniziare la giornata.
Infatti poco dopo arrivo al parcheggio dell’azienda e tutto ha inizio.
Di solito va bene e non perché non si presentino mai problemi, anzi. Però va bene perché a quel punto ho immagazzinato abbastanza sorriso, serenità, forza e discernimento per affrontare con un briciolo di saggezza la giornata. E ogni tanto mi capita di ripensare al mio caro vecchietto e a quando lo rivedrò il giorno dopo.
La storia di Giovanni che perse il lavoro
Ho ritrovato questo mio scritto tra le mie note di facebook. Risale al 27 gennaio 2009 ed i fatti in esso narrati sono realmente accaduti pochi mesi prima, quando iniziarono i tagli di personale nell'azienda per la quale lavoro. Voglio condividere con i miei amici questa storia, perchè secondo me è una grande lezione di vita, che tutti dovrebbero prendere. A me l'ha data Giovanni. Giovanni è una persona reale, un uomo di mezza età che ho avuto il piacere di conoscere quando lavorava come operaio, fino a pochi mesi fa, nella mia stessa azienda. Un uomo come tanti, ma con grande dignità. Un uomo con una moglie, due figli adolescenti ed un mutuo sulle spalle. Un uomo che ha fatto i più svariati lavori nella sua vita (anche il lavapiatti), senza mai lamentarsi o abbrutirsi. E che un giorno è venuto a lavorare in un nostro reparto produttivo. Purtroppo la nostra azienda, come quasi tutte le altre, è entrata in crisi e Giovanni, che aveva ancora un contratto a tempo determinato, non è stato rinnovato ed è stato tra i primi ad essere rispediti a casa. Quando sono andata a salutarlo mi ha detto queste cose, che ricorderò sempre come uno dei più preziosi insegnamenti che ho ricevuto finora. Giovanni mi ha detto che adesso qualcosa se la sarebbe inventata, che lui ha fatto tanti lavori e un altro l'avrebbe certamente trovato. Non è uno schizzinoso. Sarebbe stata dura, ma ce l'avrebbe fatta anche questa volta. I suoi figli si sono offerti di andare a lavorare per aiutare a mandare avanti la famiglia, ma lui ha risposto loro: "Non se ne parla, voi dovete pensare a studiare, a portare i soldi a casa ci pensano mamma e papà". E poi ha aggiunto che nella nostra azienda sentiva sempre tutti lamentarsi dello stipendio, degli straordinari dimenticati e non pagati, delle buste paga sistematicamente sbagliate, del management che non funziona e di altre "ingiustizie" varie. Giovanni mi ha raccontato di aver detto che noi non ci rendiamo minimamente conto della gran fortuna che abbiamo. Un contratto a tempo indeterminato (anche se in un'azienda in crisi) ed uno stipendio decoroso. Lui uno stipendio così alto non lo aveva mai preso nella sua vita e non gliene importava nulla di sindacare la mezzora di straordinario non pagato. Lui ringraziava soltanto l'azienda per l'opportunità che gli aveva dato, per il salario che gli permetteva di portare avanti la sua famiglia. E poi ha aggiunto qualcosa come "non te lo dimenticare". Ed io non lo dimenticherò. Nè nella crisi, nè tanto meno nell'abbondanza, quando diventa facile far uscire dalla bocca lamentele, perchè tanto lo spettro della disoccupazione non ti sfiora gli occhi, e pensi di essere la persona più colta ed esperta del mondo. Di un mondo che, peccato, non si riesce a vedere quanto sia piccolo. Grande uomo Giovanni. Non so cosa stia facendo adesso, ma certo qualcosa se la sarà inventata. Io gli auguro di cuore tutto il bene del mondo.
domenica 17 aprile 2011
PERCHE' SONO VEGETARIANA
... e visto che è una domanda che mi sento ripetere spesso, ecco sul blog la mia risposta!
Essere presa per ignorante, incosciente e altro ancora dalle persone che non mi conoscono passi pure (sebbene io preferisca lasciare loro il beneficio del dubbio), ma che coloro che mi conoscono insultino la mia intelligenza, insinuando che ho fatto questa scelta senza informarmi, lo trovo a dir poco irritante. Almeno sul piano emotivo. Se invece mi fermo al piano razionale capisco. Capisco che il pregiudizio, fin da quando è vecchio il mondo, è una gran brutta bestia. E il pregiudizio si sconfigge, quando il buon senso non basta, con l'informazione.
Da quando sono nata sono un'animalista, nel senso che amo infinitamente gli animali e che, nel mio piccolo, cerco di fare qualcosa per aiutarli e difendere i loro diritti. Ma da quando sono nata sono anche sempre stata una carnivora. Non solo mi è sempre piaciuto mangiare la carne, ma per un periodo della mia vita dopo che la mangiavo mi sentivo rinvigorita e piena di energie (il mio medico, che conosce molto bene il mio stato di salute, mi disse che era solo suggestione). Mi rendevo conto che questo cozzava con il mio amore per gli animali e mi sarebbe piaciuto tantissimo diventare una vegetariana, ma ero rassegnata al fatto che non ce l'avrei mai fatta. Poi il miracolo. Nonostante non sia mai stata una buona forchetta, circa un anno fa ho incredibilmente iniziato ad onorare maggiormente la tavola, acquistando ben 4 Kg di ciccia (cosa mai successa prima di allora). Ho convissuto, seppur a malincuore, con quei 4 Kg in più finchè non è scattato qualcosa (il vestito di un matrimonio che non entrava più!) ed ho deciso di rivolgermi ad una dietista. Ho quindi iniziato seriamente una dieta imparando ad abbinare i cibi. La carne era ovviamente compresa nella dieta, ma era soprattutto carne bianca; la carne rossa era concessa una sola volta a settimana. E così è iniziato tutto: pur avendo la possibilità di mangiare la carne non lo facevo più volentieri e la carne rossa l'avrò mangiata forse un paio di volte in circa 4 mesi di dieta. Ed ecco il miracolo. Mi sono detta: o ora o mai più!
Nel frattempo, per motivi abbastanza indipendenti dalla dieta, ho iniziato ad interessarmi più approfonditamente al consumo sostenibile e al commercio equo-solidale, che mi hanno portata a conoscere maggiormente i meccanismi della produzione di massa. E quando ho letto libri, articoli e guardato video sulle atroci sofferenze che subivano gli animali all'interno degli allevamenti di massa ho detto basta. In coscienza non potevo tollerare nulla del genere e non potevo contribuire a quel massacro.
In generale non sono contraria a mangiare la carne (sebbene io ormai non ne sia più capace), ma sono assolutamente contraria a far nascere un animale solo per doverlo mangiare, farlo vivere in condizioni disumane, torturarlo e poi ucciderlo brutalmente. E tutto questo per cosa??? Non certo perchè abbiamo bisogno di nutrirci, ma semplicememnte per soddisfare l'egoistico desiderio del palato. Palato di noi occidentali, perchè di tutti i benefici di cui godiamo noi con gli allevamenti di massa, i Paesi poveri non ne usufruiscono e, anzi, ne vengono ulteriormente impoveriti e maggiormente sfruttati. Ma evitiamo le digressioni, altrimenti l'argomento è troppo lungo e complesso.
Torniamo alla mera soddisfazione del nostro palato e lasciamo perdere la scusa della corretta nutrizione. Perchè, è ora di dirci la verità, (e chi non ci crede può chiedere ad un qualsiasi nutrizionista che non sia vegetariano), LA CARNE NON E' UN ALIMENTO INDISPENSABILE. Le proteine della carne si trovano anche in altri alimenti, in primis i legumi (che sono anche ricchi di ferro; meglio se mangiati abbinati ai cereali). E non solo la carne non è un alimento indispensabile, ma se mangiata spesso fa anche male (e questo ve lo può dire un medico qualsiasi, sebbene in tal senso anche il buon senso aiuta, visto che con la carne si ingeriscono anche ormoni e antibiotici che vengono somministrati agli animali allevati).
Ed anche se non ve ne frega niente di far soffrire gli animali, ma poi fate discorsi sulla sostenibilità dell'ambiente, (anche se mi sfugge come i due argomenti possano non essere collegati), allora sappiate che l'allevamento di massa non è sostenibile. Infatti il 50% dei cereali ed il 75% della soia mondiali vengono utilizzati per gli allevamenti di massa e non per sfamare la gente. E, come sempre, i Paesi che ci rimettono di più sono quelli sottosviluppati, che producono, ma non ne usufruiscono.
E' per tutta questa serie di ragioni, (peraltro forse troppo riassunte per non dilungarmi troppo), che io ho deciso di abolire la carne dalla mia alimentazione.
Ma a chi proprio non se la sente di farlo (e questo lo capisco), ma vuole vivere in maniera più sostenibile, permettetemi di consigliare di ridurne il consumo e di scegliere allevamenti biologici piuttosto che quelli di massa. Almeno negli allevamenti biologici gli animali vengono uccisi, ma non vengono maltrattati. Inoltre, sebbene spesso non ce ne rendiamo conto, noi siamo abituati a mangiare sempre carne, perchè, anche se non mangiamo la fettina tutti i giorni, ci ritroviamo il macinato nei tortellini, nel sugo al ragù e in molti altri piatti. La carne, nella nostra dieta, regna sovrana. Ed invece ci sono moltissimi cibi che non sono carne e che sono altrettanto saporiti (e fanno meno male). Io li ho scoperti solo di recente sfogliando libri di ricette vegetariane. Ricette che possono sembrare "tristi" solo dinanzi al pregiudizio, perchè nella realtà sono anche molto ricche e gustose.
C'è poi un passo successivo all'abolizione della carne. Purtroppo gli animali subiscono la stessa triste sorte anche per rifornire il mondo (sempre quello ricco) dei propri derivati: latte, latticini e uova. Io non ho abolito completamente l'uso dei derivati animali, ma li ho eliminati dalla mia quotidianità ed ho quindi ridotto notevolmente il mio contributo nel loro consumo. E questo perchè non concepisco che una mucca debba essere ingravidata artificialmente ogni anno per produrre latte (perchè gli animali, come gli esseri umani, producono latte solo durante la gravidanza!). Il vitellino viene immediatamente sottratto alla mamma (vi lascio immaginare per farne cosa) e, nonostante tutto questo, siccome il latte non è comunque sufficiente, la povera mucca viene imbottita di sostanze chimiche. Questo porta inevitabilmente ad infezioni e malattie che, una volta manifestatesi, portano l'animale al macello. Una fine altrettanto triste la fanno pulcini e galline nella produzione di massa delle uova. I pulcini maschi vengono uccisi appena nati (perchè inutili!) e in modo brutale: gettati in un tritacarne! I pulcini femmina diventano galline, il cui becco viene tagliato per evitare che si becchino tra loro e vengono mantenute in gabbie molto strette e buie. Non solo, queste gabbie sono inclinate così che le uova possano scivolare ed essere facilmente raccolte e le galline si distruggono le zampe per cercare di mantenersi in equilibrio. E se credete di risolvere il problema acquistando al supermercato uova di allevamento a terra non illudetevi, perchè la differenza sta solo nella gabbia non inclinata. Ci sono però diversi livelli di allevamenti a terra, il più alto dei quali (il quarto) è il più sostenibile. Ma anche qui sarebbe molto meglio rivolgersi ad un contadino che ha le galline libere nel proprio pezzo di terra.
Spero di aver rassicurato coloro che erano preoccupati per la mia scelta, dal momento che la ricerca delle informazioni e la consultazione di uno specialista c'è stata. Ciò non toglie che è mia cura aggiornarmi ulteriormente sull'argomento in questione.
Detto ciò spero di aver risposto esaustivamente alla ricorrente domanda sul perchè sono vegetariana.
Essere presa per ignorante, incosciente e altro ancora dalle persone che non mi conoscono passi pure (sebbene io preferisca lasciare loro il beneficio del dubbio), ma che coloro che mi conoscono insultino la mia intelligenza, insinuando che ho fatto questa scelta senza informarmi, lo trovo a dir poco irritante. Almeno sul piano emotivo. Se invece mi fermo al piano razionale capisco. Capisco che il pregiudizio, fin da quando è vecchio il mondo, è una gran brutta bestia. E il pregiudizio si sconfigge, quando il buon senso non basta, con l'informazione.
Da quando sono nata sono un'animalista, nel senso che amo infinitamente gli animali e che, nel mio piccolo, cerco di fare qualcosa per aiutarli e difendere i loro diritti. Ma da quando sono nata sono anche sempre stata una carnivora. Non solo mi è sempre piaciuto mangiare la carne, ma per un periodo della mia vita dopo che la mangiavo mi sentivo rinvigorita e piena di energie (il mio medico, che conosce molto bene il mio stato di salute, mi disse che era solo suggestione). Mi rendevo conto che questo cozzava con il mio amore per gli animali e mi sarebbe piaciuto tantissimo diventare una vegetariana, ma ero rassegnata al fatto che non ce l'avrei mai fatta. Poi il miracolo. Nonostante non sia mai stata una buona forchetta, circa un anno fa ho incredibilmente iniziato ad onorare maggiormente la tavola, acquistando ben 4 Kg di ciccia (cosa mai successa prima di allora). Ho convissuto, seppur a malincuore, con quei 4 Kg in più finchè non è scattato qualcosa (il vestito di un matrimonio che non entrava più!) ed ho deciso di rivolgermi ad una dietista. Ho quindi iniziato seriamente una dieta imparando ad abbinare i cibi. La carne era ovviamente compresa nella dieta, ma era soprattutto carne bianca; la carne rossa era concessa una sola volta a settimana. E così è iniziato tutto: pur avendo la possibilità di mangiare la carne non lo facevo più volentieri e la carne rossa l'avrò mangiata forse un paio di volte in circa 4 mesi di dieta. Ed ecco il miracolo. Mi sono detta: o ora o mai più!
Nel frattempo, per motivi abbastanza indipendenti dalla dieta, ho iniziato ad interessarmi più approfonditamente al consumo sostenibile e al commercio equo-solidale, che mi hanno portata a conoscere maggiormente i meccanismi della produzione di massa. E quando ho letto libri, articoli e guardato video sulle atroci sofferenze che subivano gli animali all'interno degli allevamenti di massa ho detto basta. In coscienza non potevo tollerare nulla del genere e non potevo contribuire a quel massacro.
In generale non sono contraria a mangiare la carne (sebbene io ormai non ne sia più capace), ma sono assolutamente contraria a far nascere un animale solo per doverlo mangiare, farlo vivere in condizioni disumane, torturarlo e poi ucciderlo brutalmente. E tutto questo per cosa??? Non certo perchè abbiamo bisogno di nutrirci, ma semplicememnte per soddisfare l'egoistico desiderio del palato. Palato di noi occidentali, perchè di tutti i benefici di cui godiamo noi con gli allevamenti di massa, i Paesi poveri non ne usufruiscono e, anzi, ne vengono ulteriormente impoveriti e maggiormente sfruttati. Ma evitiamo le digressioni, altrimenti l'argomento è troppo lungo e complesso.
Torniamo alla mera soddisfazione del nostro palato e lasciamo perdere la scusa della corretta nutrizione. Perchè, è ora di dirci la verità, (e chi non ci crede può chiedere ad un qualsiasi nutrizionista che non sia vegetariano), LA CARNE NON E' UN ALIMENTO INDISPENSABILE. Le proteine della carne si trovano anche in altri alimenti, in primis i legumi (che sono anche ricchi di ferro; meglio se mangiati abbinati ai cereali). E non solo la carne non è un alimento indispensabile, ma se mangiata spesso fa anche male (e questo ve lo può dire un medico qualsiasi, sebbene in tal senso anche il buon senso aiuta, visto che con la carne si ingeriscono anche ormoni e antibiotici che vengono somministrati agli animali allevati).
Ed anche se non ve ne frega niente di far soffrire gli animali, ma poi fate discorsi sulla sostenibilità dell'ambiente, (anche se mi sfugge come i due argomenti possano non essere collegati), allora sappiate che l'allevamento di massa non è sostenibile. Infatti il 50% dei cereali ed il 75% della soia mondiali vengono utilizzati per gli allevamenti di massa e non per sfamare la gente. E, come sempre, i Paesi che ci rimettono di più sono quelli sottosviluppati, che producono, ma non ne usufruiscono.
E' per tutta questa serie di ragioni, (peraltro forse troppo riassunte per non dilungarmi troppo), che io ho deciso di abolire la carne dalla mia alimentazione.
Ma a chi proprio non se la sente di farlo (e questo lo capisco), ma vuole vivere in maniera più sostenibile, permettetemi di consigliare di ridurne il consumo e di scegliere allevamenti biologici piuttosto che quelli di massa. Almeno negli allevamenti biologici gli animali vengono uccisi, ma non vengono maltrattati. Inoltre, sebbene spesso non ce ne rendiamo conto, noi siamo abituati a mangiare sempre carne, perchè, anche se non mangiamo la fettina tutti i giorni, ci ritroviamo il macinato nei tortellini, nel sugo al ragù e in molti altri piatti. La carne, nella nostra dieta, regna sovrana. Ed invece ci sono moltissimi cibi che non sono carne e che sono altrettanto saporiti (e fanno meno male). Io li ho scoperti solo di recente sfogliando libri di ricette vegetariane. Ricette che possono sembrare "tristi" solo dinanzi al pregiudizio, perchè nella realtà sono anche molto ricche e gustose.
C'è poi un passo successivo all'abolizione della carne. Purtroppo gli animali subiscono la stessa triste sorte anche per rifornire il mondo (sempre quello ricco) dei propri derivati: latte, latticini e uova. Io non ho abolito completamente l'uso dei derivati animali, ma li ho eliminati dalla mia quotidianità ed ho quindi ridotto notevolmente il mio contributo nel loro consumo. E questo perchè non concepisco che una mucca debba essere ingravidata artificialmente ogni anno per produrre latte (perchè gli animali, come gli esseri umani, producono latte solo durante la gravidanza!). Il vitellino viene immediatamente sottratto alla mamma (vi lascio immaginare per farne cosa) e, nonostante tutto questo, siccome il latte non è comunque sufficiente, la povera mucca viene imbottita di sostanze chimiche. Questo porta inevitabilmente ad infezioni e malattie che, una volta manifestatesi, portano l'animale al macello. Una fine altrettanto triste la fanno pulcini e galline nella produzione di massa delle uova. I pulcini maschi vengono uccisi appena nati (perchè inutili!) e in modo brutale: gettati in un tritacarne! I pulcini femmina diventano galline, il cui becco viene tagliato per evitare che si becchino tra loro e vengono mantenute in gabbie molto strette e buie. Non solo, queste gabbie sono inclinate così che le uova possano scivolare ed essere facilmente raccolte e le galline si distruggono le zampe per cercare di mantenersi in equilibrio. E se credete di risolvere il problema acquistando al supermercato uova di allevamento a terra non illudetevi, perchè la differenza sta solo nella gabbia non inclinata. Ci sono però diversi livelli di allevamenti a terra, il più alto dei quali (il quarto) è il più sostenibile. Ma anche qui sarebbe molto meglio rivolgersi ad un contadino che ha le galline libere nel proprio pezzo di terra.
Spero di aver rassicurato coloro che erano preoccupati per la mia scelta, dal momento che la ricerca delle informazioni e la consultazione di uno specialista c'è stata. Ciò non toglie che è mia cura aggiornarmi ulteriormente sull'argomento in questione.
Detto ciò spero di aver risposto esaustivamente alla ricorrente domanda sul perchè sono vegetariana.
sabato 16 aprile 2011
Libro: NONOSTANTE IL VATICANO di Gianluca Ferrara - Recensione o meglio Riflessioni
Ormai da alcuni anni mi pongo il problema di quale sia la mia religione, perché non mi identifico più nella Chiesa Cattolica Romana. Non sono una di quelle persone che spara a zero (spesso gratuitamente) su questa istituzione, perché penso che non sia tutta da buttare, però è certo che con la maggior parte delle ideologie della Chiesa cattolica e con la maggior parte delle persone che la costituiscono non credo di avere molto in comune. Vedo troppe contraddizioni. Ho letto il Vangelo diverse volte prima di pormi questi interrogativi ed ho frequentato per 13 anni una scuola cattolica (riconoscendo oggi che i sacerdoti che ho conosciuto io sono in realtà merce rara), quindi non sono proprio ignorante sull’argomento. E non riesco ad associare gli insegnamenti di Gesù con buona parte della Chiesa cattolica. Conosco diverse persone che si dichiarano cristiane praticanti e frequentano la chiesa tutte le domeniche, ricordandosi di santificare, almeno con la loro presenza, le feste. Ma poi le vedo camminare nella vita di tutti i giorni, parlare, e in loro proprio non riesco a trovare Gesù. L’Uomo non violento per eccellenza, che ci ha insegnato la via dell’Amore, della Pace, del Perdono viene oggi teoricamente seguito da chi disprezza e umilia il prossimo, da chi giustifica la guerra e la violenza, da chi attacca e condanna. Io non mi sento superiore a queste persone, ma almeno credo di avere il buon gusto di non definirmi una persona cattolica. Mi piace pensarmi come definisce se stesso l’autore di questo libro: un’aspirante cristiana. Nel senso che io credo nell’esistenza del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo e trovo illuminanti gli insegnamenti di Gesù, l’Uomo che ci ha insegnato (o almeno ci ha provato) ad amare. E cerco, sforzandomi, di capire e seguire quegli insegnamenti. Ma siccome la Chiesa cattolica si è arrogata il ruolo di detentrice della Verità e non trovandomi spesso in linea con essa mi chiedo: qual è la mia religione? Ho letto e riletto il Vangelo innumerevoli volte sperando di trovarvi le ideologie della Chiesa e quindi finalmente un ponte tra essa e i miei valori, ma niente da fare. Ero giunta alla conclusione di rivolgermi ad un bravo sacerdote, che fosse una persona aperta, ma anche un bravo teologo, nella speranza che rispondesse ai miei tanti interrogativi.
E’ con questi dubbi nella testa che ho comprato questo libro, scovato per caso in una libreria indipendente. Ed ho trovato le mie risposte nelle testimonianze di don Andrea Gallo, don Vitaliano Della Sala, don Alex Zanotelli, don Tonino Bello e nell’insegnamento di molti altri sacerdoti che, pur facendo parte della Chiesa cattolica, ne manifestano i numerosi limiti senza scendere a compromessi, senza paura e pagandone le conseguenze.
Finalmente ho avuto la conferma che non sono io ad essere eretica, ma è la Chiesa cattolica che non risponde agli insegnamenti evangelici di cui tanto parla, mentre ci sono persone, all’interno stesso della Chiesa, che quegli insegnamenti li hanno realmente assorbiti e li applicano ogni giorno della loro vita. E la cosa meravigliosa è che lo fanno proprio da dentro la Chiesa, quella Chiesa che li condanna, perché vogliono dimostrare che un’altra Chiesa è possibile: la vera Chiesa voluta da Gesù.
Gianluca Ferrara ricorda che Gesù disse che non si può venerare contemporaneamente Dio e mammona. Nella Chiesa cattolica sembra che si veneri mammona e non Dio. Esattamente come in qualsiasi multinazionale che si rispetti, come in qualsiasi sistema capitalistico, esattamente come in quel sistema politico e sociale che Gesù ha condannato più di duemila anni fa. Il suo messaggio era innovativo a quel tempo, ma lo è ancora oggi, dal momento che siamo circondati dai moderni farisei e che quel messaggio fa un’incredibile fatica a penetrare nelle nostre coscienze e nella nostra società. Indubbiamente, se Gesù tornasse sulla terra, lo uccideremmo ancora. Quante volte ci capita di vedere vescovi e cardinali che fanno i salamelecchi ai potenti e poi non degnano neanche di un saluto il popolo, quel popolo dalla cui parte dovrebbero stare e lottare? Quante volte si è assistito a pompose celebrazioni durante le quali i potenti erano in prima fila mentre il popolo, se c’era, faceva da sfondo all’entrata? La Chiesa cattolica, o almeno buona parte di essa, si comporta così, ma Gesù si è comportato in maniera diametralmente opposta. Per dirla con le parole di Gianluca: “[…] dalle mura vaticane trapela una visione elitaria, maschilista, potente, altezzosa ed edonista che sembra, paradossalmente, essere tutto ciò che Gesù ha combattuto con forza. Questo sfregia l’immagine di Gesù. Distorce il suo messaggio, allontanando tanto persone che potrebbero in lui trovare la via”. “ Se ne deduce che se vivesse oggi Gesù starebbe dalla parte dei barboni, dei sieropositivi, dei gay, dei malati, dei bambini, delle donne discriminate, degli anziani, dei drogati, degli extracomunitari, dei carcerati, dei disoccupati, degli operai che lottano per arrivare a fine mese, dei giovani sfruttati dalle grandi aziende e di tutti coloro che dal basso resistono e si battono per ricevere giustizia.”
Ma quando si osserva come si comportano i cosiddetti uomini di chiesa passa la voglia di diventare cattolici e ci si dice che se proprio loro che dovrebbero dare il buon esempio si comportano male allora il cristianesimo è tutto sbagliato. E invece no. E’ qui che si sbaglia. Perché oltre la cupola di San Pietro c’è la vera Chiesa, quella più vicina a Gesù, che applica i suoi insegnamenti. E’ da loro che bisogna prendere esempio e trarre spunto, speranza, fiducia.
Mi ci sono voluti anni, ma le mie risposte le ho trovate. E non sono in Vaticano. Sono nelle opere di quei sacerdoti e di tutti quegli uomini anche non cristiani (vedi Gandhi per esempio) che volontariamente o involontariamente seguono gli insegnamenti evangelici.
La risposta alla domanda “Qual è la mia religione?” non esiste, perché la domanda è sbagliata. Non conta la religione, ma la Fede. La religione è un insieme di dogmi e di riti che anziché liberare gli uomini spesso li opprimono. Mentre la Fede cristiana è seguire Gesù oltre tutto questo, cercando di applicare al meglio ciò che tanto bene è spiegato nel Vangelo. La religione, con l’arroganza di detenere la Verità, incatena i suoi figli per mezzo dei sensi di colpa. La Fede, d’altro canto, ci rende liberi.
E’ con questi dubbi nella testa che ho comprato questo libro, scovato per caso in una libreria indipendente. Ed ho trovato le mie risposte nelle testimonianze di don Andrea Gallo, don Vitaliano Della Sala, don Alex Zanotelli, don Tonino Bello e nell’insegnamento di molti altri sacerdoti che, pur facendo parte della Chiesa cattolica, ne manifestano i numerosi limiti senza scendere a compromessi, senza paura e pagandone le conseguenze.
Finalmente ho avuto la conferma che non sono io ad essere eretica, ma è la Chiesa cattolica che non risponde agli insegnamenti evangelici di cui tanto parla, mentre ci sono persone, all’interno stesso della Chiesa, che quegli insegnamenti li hanno realmente assorbiti e li applicano ogni giorno della loro vita. E la cosa meravigliosa è che lo fanno proprio da dentro la Chiesa, quella Chiesa che li condanna, perché vogliono dimostrare che un’altra Chiesa è possibile: la vera Chiesa voluta da Gesù.
Gianluca Ferrara ricorda che Gesù disse che non si può venerare contemporaneamente Dio e mammona. Nella Chiesa cattolica sembra che si veneri mammona e non Dio. Esattamente come in qualsiasi multinazionale che si rispetti, come in qualsiasi sistema capitalistico, esattamente come in quel sistema politico e sociale che Gesù ha condannato più di duemila anni fa. Il suo messaggio era innovativo a quel tempo, ma lo è ancora oggi, dal momento che siamo circondati dai moderni farisei e che quel messaggio fa un’incredibile fatica a penetrare nelle nostre coscienze e nella nostra società. Indubbiamente, se Gesù tornasse sulla terra, lo uccideremmo ancora. Quante volte ci capita di vedere vescovi e cardinali che fanno i salamelecchi ai potenti e poi non degnano neanche di un saluto il popolo, quel popolo dalla cui parte dovrebbero stare e lottare? Quante volte si è assistito a pompose celebrazioni durante le quali i potenti erano in prima fila mentre il popolo, se c’era, faceva da sfondo all’entrata? La Chiesa cattolica, o almeno buona parte di essa, si comporta così, ma Gesù si è comportato in maniera diametralmente opposta. Per dirla con le parole di Gianluca: “[…] dalle mura vaticane trapela una visione elitaria, maschilista, potente, altezzosa ed edonista che sembra, paradossalmente, essere tutto ciò che Gesù ha combattuto con forza. Questo sfregia l’immagine di Gesù. Distorce il suo messaggio, allontanando tanto persone che potrebbero in lui trovare la via”. “ Se ne deduce che se vivesse oggi Gesù starebbe dalla parte dei barboni, dei sieropositivi, dei gay, dei malati, dei bambini, delle donne discriminate, degli anziani, dei drogati, degli extracomunitari, dei carcerati, dei disoccupati, degli operai che lottano per arrivare a fine mese, dei giovani sfruttati dalle grandi aziende e di tutti coloro che dal basso resistono e si battono per ricevere giustizia.”
Ma quando si osserva come si comportano i cosiddetti uomini di chiesa passa la voglia di diventare cattolici e ci si dice che se proprio loro che dovrebbero dare il buon esempio si comportano male allora il cristianesimo è tutto sbagliato. E invece no. E’ qui che si sbaglia. Perché oltre la cupola di San Pietro c’è la vera Chiesa, quella più vicina a Gesù, che applica i suoi insegnamenti. E’ da loro che bisogna prendere esempio e trarre spunto, speranza, fiducia.
Mi ci sono voluti anni, ma le mie risposte le ho trovate. E non sono in Vaticano. Sono nelle opere di quei sacerdoti e di tutti quegli uomini anche non cristiani (vedi Gandhi per esempio) che volontariamente o involontariamente seguono gli insegnamenti evangelici.
La risposta alla domanda “Qual è la mia religione?” non esiste, perché la domanda è sbagliata. Non conta la religione, ma la Fede. La religione è un insieme di dogmi e di riti che anziché liberare gli uomini spesso li opprimono. Mentre la Fede cristiana è seguire Gesù oltre tutto questo, cercando di applicare al meglio ciò che tanto bene è spiegato nel Vangelo. La religione, con l’arroganza di detenere la Verità, incatena i suoi figli per mezzo dei sensi di colpa. La Fede, d’altro canto, ci rende liberi.
Iscriviti a:
Post (Atom)