domenica 24 aprile 2011

Riflessioni sulla Pasqua

Ci sono moltissime riflessioni da fare sulla Pasqua e sul Nuovo Testamento in generale.
Come ogni anno, in questo periodo, ho aperto il Vangelo per leggere gli eventi pasquali narrati dai quattro evangelisti. Quest'anno ho notato qualcosa di diverso rispetto agli altri anni: i miei appunti. L'ultima volta che ho letto il Vangelo, alla ricerca delle risposte alle domande pubblicate nel post "Nonostante il Vaticano", ho scritto accanto ai versi quello che mi passava per la mente: domande, riflessioni. Poi non ci avevo più badato, finchè non le ho ritrovate in questi giorni. E' stato interessante e stimolante, ma per ovvie ragioni non possono mettermi a riflettere in uno stesso momento su tutte quelle cose. Il Vangelo è meravigliosamente spunto di infinite riflessioni e vi si può stare sopra a meditare per tutta la vita senza aver comunque terminato. A dir poco fantastico...
Quello che però mi ha colpito di più quest'anno è una frase di Gesù che avevo sottolineato e che non si ritrova negli avvenimenti pasquali, bensì in Matteo 12,7.
Misericordia io voglio e non sacrificio.
Qui la frase è legata al riposo sabatico ed al fatto che Gesù spiega che il sabato (giorno di riposo) è stato fatto per l'uomo, non l'uomo per il sabato. Ma quanti spunti ci sono in questa frase. E' una di quelle frasi che riassumono tutti gli insegnamenti di Gesù.
Alcuni miei amici mi chiedono perchè a volte faccio i fioretti, i piccoli sacrifici, che senso ha. Io rispondo, ma devo ammettere che a volte la stessa domanda me la sono posta anche io.
Personalmente non faccio fioretti che vogliono essere voti per chiedere qualche grazia in cambio. Li faccio semplicemente per offrire un piccolo sacrificio a Gesù. Rinuncio per esempio a mangiare i dolci che amo tanto e lo faccio soprattutto nel periodo di Quaresima.
Perchè in Quaresima credo sia semplice da capire. Per essere vicini a Gesù quando si è ritirato nel deserto a riflettere, in seguito al suo battesimo, per 40 giorni e 40 notti, senza mangiare nè bere. Per essere vicini a Gesù nella sua Passione. L'ultima cena di Gesù ci fu di giovedì e lui non mangiò più nulla fino alla morte, per questo il Venerdì Santo si osserva il digiuno.
Ma perchè fare fioretti anche durante il resto dell'anno? Perchè se si soffre o se si è irritati si offre quel dolore e quel fastidio a Gesù?
La mia risposta personale è che senza il sacrificio non si capisce il senso della vita e non solo di quella cristiana. Sono assolutamente convinta che senza il dolore non sapremmo riconoscere la gioia, senza la sfortuna non vedremmo i privilegi, senza la morte non apprezzeremmo il dono della vita. Basti vedere la generazione dei nostri genitori, che è dovuta essere (per necessità) assai più dedita al sacrificio di quanto lo siamo noi. Senza i loro sacrifici non avrebbero ottenuto i benefici di cui oggi godono e non sarebbero stati in grado di apprezzarli. Noi oggi godiamo gratuitamente dei sacrifici loro e infatti spesso non li apprezziamo. Non li vediamo anche dove ci sono. Io ho imparato il valore delle cose quando non le ho potute avere subito e quindi le ho dovute anelare. Quando poi quelle cose sono arrivate ne ho avuto molta più cura.
Ecco cos'è per me il sacrificio e perchè è importante. Eppure io stessa a volte mi chiedo quanto davvero a Dio sia grato.
Infatti Gesù va oltre. Al popolo di Israele, che segue riti sacrificali secondo quanto riportato nel Vecchio Testamento, Gesù dice che a lui non interessano tanto i sacrifici quali il digiuno o l'uccisione di un agnello. Ciò che Gesù chiede, CI chiede, è la misericordia.
La definizione di misericordia che si trova sul vocabolario è compassione verso le miserie altrui.
Misericordia nei confronti degli altri essere umani e nei confronti di tutto il creato. Quanto la misericordia è legata al nuovo comandamento di Gesù: amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi. Quanto è legata al concetto di perdono: perdona al tuo nemico non fino a 7 volte, ma fino a 70 volte 7 (cioè sempre). La misericordia è l'amore che Gesù ci ha insegnato. E' il sentimento a Lui più caro.
E la misericordia richiede un grandissimo sacrificio per noi essere umani che invece tendiamo sempre alla miseria dell'animo. Perchè è più facile digiunare il venerdì, immolare un agnello o rinunciare a qualcosa di pratico che ci piace tanto, ma è molto più difficile amare un nostro fratello, soprattutto se ci ha fatto un torto. Perdonarlo. Tanto più nella società egoistica in cui viviamo oggi. Quanto è difficile provare compassione verso i poveri, gli extracomunitari, le prostitute, verso tutti gli ultimi della nostra società. Quanto è difficile fare concretamente qualcosa per migliorare quel piccolo angolo di mondo che ci è stato affidato (che non corrisponde all'orticello da curare a scapito del vicino!) E' estremamente difficile non tanto perchè tendiamo a fare del male, quanto perchè tendiamo a fare omissione, a fare finta di non vedere i poveri e tutti i bisognosi che invece necessitano del nostro aiuto. E non c'è neanche bisogno di andare a cercare gli ultimi della terra, basta mettersi al volante della propria auto per scoprire quanto è difficile, innaturale, provare misericordia per noi essere umani.
Gesù dice che vuole misericordia e non sacrificio, ma io credo che provare misericordia sia per noi il sacrificio più grande. Forse è proprio questo il fioretto, il voto che dovremmo offrire a Gesù, non solo in tempo di Quaresima. Anche quando chiediamo una grazia, forse saremmo più ascoltati se offrissimo misericordia piuttosto che l'astinenza dai dolci o dalla carne.
Questo io credo, che se diciamo di essere cristiani, allora dobbiamo imparare a provare misericordia.

La mia passione per il teatro... da dietro le quinte

“Valentina è una bambina molto timida. E’ chiusa, interagisce poco con gli altri bambini, non è predisposta alla socializzazione.” [pagella prima elementare]
Valentina è una bambina molto dinamica ed ogni anno pratica uno sport diverso.
Nuoto.
Pattinaggio.
Ginnastica ritmica.
Ha anche fatto parte delle Coccinelle nei boy scouts.
Ogni anno però abbandona uno sport e ne prova un altro. Sembra che lo faccia perché ancora non ha trovato lo sport che veramente le piace.
Ginnastica ritmica l’ha scelta per lo stesso motivo per cui la scelgono tutte le bambine della sua generazione: il cartone animato Hilary, la cui protagonista volteggia elegantemente con il nastro. Valentina il nastro lo ha provato solo per gioco, perché non ne è previsto l’uso durante il primo anno. E’ brava con la palla e la corda ed è una pasticciona con cerchio e clavette, ma tutto sommato se la cava bene. Una cosa poi è certa: di tutti gli sport che ha provato fino a quel momento, la ginnastica ritmica è il suo preferito. E’ questo lo sport che fa per lei.
Eppure dopo un anno l’ha abbandonato.
Come gli altri.
Per la precisione l’ultima lezione l’ha seguita a maggio. Perché a giugno c’era un saggio in cui lei si sarebbe dovuta esibire, insieme alle sue compagne, davanti a tutti.
Ma perché ogni sport deve avere un maledettissimo saggio a fine anno?! Non ci si può godere lo sport per quello che è, senza dover costruire ogni volta una coreografia da mostrare a genitori e parenti? L’insegnante di ginnastica ha tentato di convincere Valentina e i suoi genitori a non mollare, ma Valentina è irremovibile. No, no e no, io quel maledetto saggio davanti a tutti non lo faccio!

Vent’anni dopo.
Valentina è a teatro.
Sul palco.
Davanti a un centinaio di persone.
E recita.
Sono ormai due anni che frequenta un corso di teatro e, mentre nella prima commedia si è molto divertita ad interpretare la parte di una vecchia tirchia e rompiscatole, adesso sta sperimentando una nuova esperienza. Non con la compagnia del suo corso, ma con la compagnia di una comunità parrocchiale, e si sta cimentando nel ruolo di una giovane lady inglese bella e ricca. Il suo è il personaggio meno comico degli altri ed è per questa ragione che lei si deve impegnare molto per cercare di caratterizzarlo e renderlo il più interessante possibile. Ha ragione il suo amico/maestro: “Non esiste un ruolo più o meno importante, bello o difficile, ma esiste solo un bravo attore”. Se sei un bravo attore allora puoi rendere interessante qualsiasi personaggio. Valentina non è una brava attrice, anzi, non è un’attrice, ma ci prova e soprattutto si diverte a farlo.
Molte persone le chiedono: ma non ti vergogni a recitare davanti a tutti? Non hai paura di dimenticare le battute?
La verità è che Valentina, prima di entrare in scena, è eccitata. Non prova vergogna, paura, disagio. E’ eccitata e felice. Si sente viva. E quando entra in scena quell’eccitazione si fonde con il suo personaggio e lo rende reale. Valentina eccitata sul palco diventa il personaggio che interpreta. Condividere il cocktail di emozioni indescrivibili che tutto questo scatena con la sua famiglia ed i suoi amici è la parte più bella della sua vita di “attrice”, ma quando qualcuno che non conosce le dice che è stata brava allora questo non ha prezzo.
Recita, Valentina, davanti a quel pubblico, come se fosse la cosa più naturale del mondo. Come se lo avesse sempre fatto. Come se chiunque potesse sentirsi a proprio agio in un contesto simile. Come farsi un bagno a mare in una calda giornata d’estate, o come un bambino che mangia il gelato, o come un gatto che si accoccola ai piedi del letto. Tutti si chiedono come fa. Come fa ad essere così naturale e a proprio agio lì su quel palco.
Davanti a tutti.
Anche Valentina se lo chiede e non è sicura di avere la risposta. Non è sicura di aver davvero capito come è potuta diventare così disinvolta quando si bloccava davanti ad un saggio che chiunque era invece in grado di sostenere. Però qualche idea se l’è fatta…
La verità comunque è che ora a Valentina importa solo che quando il sipario si chiude e lei esce poco dopo ad accogliere gli applausi del pubblico, è felice e non ha timore di guardare tutte quelle persone negli occhi, finalmente, dopo lo spettacolo.

lunedì 18 aprile 2011

La mattina quando mi alzo per andare a lavorare... il cervello va in pappa (e si legge)

Sfido chiunque ad alzarsi sempre volentieri la mattina presto per andare a lavorare. Anche se ci piace il lavoro che facciamo, anche se abbiamo riposato la notte precedente, il momento in cui suona la sveglia di solito è drammatico, alla faccia dei falsi sorrisi che ci propinano le pubblicità di biscotti per la prima colazione. Ed ognuno affronta quel momento drammatico come può. Come sa. Io lavoro solamente da sei anni, ma ho dovuto comunque trovare una mia strategia per riuscire ad alzarmi dal letto tutte le mattine, anche quando mi sento molto stanca.
La prima strategia consiste nello spegnere il cervello appena la sveglia tenta di accenderlo. Questo non significa voltarmi dall’altra parte e riaddormentarmi, ma alzarmi dal letto senza farne una tragedia. Dopo averne sperimentati diversi posso dire di non aver trovato molti sistemi e allora ne ho scelto uno che mi riesce abbastanza bene: quello dell’automa. Appena metto piede fuori dal letto spengo il mio cervello e faccio compiere al mio corpo movimenti automatici, quali fare colazione, lavarmi e vestirmi. Una volta che sono vestita il peggio è passato e posso addirittura procedere con l’imbellettarmi il viso. Comportarsi da automa significa non pensare assolutamente a nulla, tanto meno al motivo per cui ci si è alzati così presto. Personalmente potrei rischiare una crisi di nervi.
Una volta uscita di casa è fatta, ma non è che sia comunque di buon umore. Allora per migliorarmi mi attacco a quello che posso. La prima a cosa a cui mi attacco è l’asilo di fronte casa mia.
L’asilo? - chiederete voi. Eh sì, un asilo. Non perché mi mettano allegria i bambini, (semmai a prima mattina è esattamente il contrario), mica mi concentro su di loro. Io mi concentro sulla casetta. Ebbene sì, perché questo asilo è una casetta di quelle vecchio stile, sviluppata su un unico piano, circondata da giardino privato, con tetto spiovente classicamente dipinto di rosso e il comignolo fumante in cima. Che bella immagine - penserete adesso, convinti di aver capito tutto. E invece no, perché l’immagine è abbastanza brutta. La casa è vecchia, mal tenuta e piena di scritte sui muri. Se avessi un figlio mai e poi mai lo manderei lì dentro. Però a me che importa com’è veramente quella casetta, è il principio che conta. E il principio è che quella è una casetta vecchio stile, con il tetto rosso e il comignolo fumante. Ecco, è il comignolo il fulcro di tutto. Se dovesse capitarmi di trovarlo inattivo potrebbe prendermi la depressione. Perché vedere il comignolo fumante mi fa pensare che dentro ci sia un camino acceso (cosa che probabilmente non è) e magari qualcuno che prepara i biscotti fatti in casa per i bambini (ancora meno probabile) e tutto questo mi mette un calore dentro che mi riscalda il cuore. Funziona bene anche nelle afosissime mattine d’estate. Così esco di casa, dopo aver brillantemente superato la fase 1, percorro il vialetto attraverso il cortile del mio palazzo e mi ritrovo davanti la casetta col comignolo fumante. Mi concentro su di esso, inspiro profondamente l’aria, tiro fuori un lieve sorriso ed anche la fase 2 è andata.
Tra la fase 2 e la fase 3 mi devo ricordare dove ho parcheggiato la macchina la sera prima.
La fase 3 si svolge sulla Roma - L’Aquila. Appena imbocco l’autostrada mi soffermo a contemplare il cielo. Che sia grigio di pioggia, bianco di neve o azzurro terso non importa, l’importante è che ci sia, (ognuno ha le sue certezze e se ci venisse a mancare il cielo credo sarebbe un problema per tutti). Mi mette davvero serenità osservare il cielo dalla A24, perché l’ampio spazio permette di goderne l’osservazione di una buona fetta.
La fase 4 è la più importante di tutte. Se venisse a mancare quella diventerei davvero matta e probabilmente arriverei al lavoro e darei le dimissioni. La fase 4 è un vecchietto col suo chioschetto di vivande. Quando lascio prima la A24 e poi il GRA mi immetto in una stradina sfigata che mi porta dritta dritta (più o meno) in azienda. Ed è in questa stradina che tutte le mattine c’è lui. All’ora in cui passo di solito lui sta lì che pulisce il suo chioschetto e sistema lattine e bottigliette ed io, in quei pochi secondi che gli passo davanti, lo contemplo estasiata. Lui mi dà la forza di andare al lavoro tutte le mattine a prescindere da quello che al lavoro mi aspetta. Penso che se lui sta sempre lì, tutti i giorni, col suo chioschetto, a prescindere che faccia davvero molto freddo o davvero molto caldo, allora io posso affrontare la mia giornata lavorativa in un laboratorio decentemente condizionato, a fare il lavoro per cui ho studiato e che nonostante gli alti, i bassi e le difficoltà mi regala delle soddisfazioni. Io ho quel vecchietto che mi dà la forza quando sono stanca e mi chiedo chi abbia mai lui ad aiutarlo ad alzarsi tutte le mattine. Se anche lui fa l’automa, se ha le sue fasi, quante ne ha. Anche se poi la risposta che mi ronza in testa è che lui non abbia proprio nessuno a stimolarlo e nessuno fase che lo aspetta. Lo fa semplicemente perché deve portare a casa la pagnotta a fine giornata. Ed io, per quel vecchietto lì, provo un’ammirazione incredibile. Certe volte ho pensato: una mattina mi accosto con la macchina, scendo, mi avvicino e gli parlo. E gli racconto tutto. Glielo dico che lui mi dà la forza e tutto il resto. Perché magari gli farebbe piacere saperlo. Ma so che non lo farò mai. Perché potrei rovinare tutto, far svanire l’incantesimo. E così continuo a passare di lì fingendo di essere una delle tante auto che non si accorge nemmeno della sua presenza.
Dopo la fase 4 tutto il resto non conta. C’è in realtà una fase 5, ma per me non è importante come la 4. Forse se venisse prima avrebbe un altro effetto, ma dopo il vecchietto col chioschetto nulla può raggiungere la stessa intensità. La fase 5 sono i rom del campo nomadi che si trova vicino la mia azienda. Tutte le mattine li vedo percorrere (mi sembrano sempre diversi) la stessa strada che io faccio nel verso contrario. A volte camminano singolarmente, a volte a coppie e a volte in gruppo, spesso con bambini, e chissà dove andranno mai. Che io sappia non c’è nulla in quella direzione, ma immagino che ci sia un qualche supermercato dove vanno a rifornirsi (il che è impossibile dato che è mattina presto). Quando li vedo penso un sacco di cose e sempre diverse e posso dire che dopo aver visto loro il mio cervello si mette davvero in moto ed è pronto ad iniziare la giornata.
Infatti poco dopo arrivo al parcheggio dell’azienda e tutto ha inizio.
Di solito va bene e non perché non si presentino mai problemi, anzi. Però va bene perché a quel punto ho immagazzinato abbastanza sorriso, serenità, forza e discernimento per affrontare con un briciolo di saggezza la giornata. E ogni tanto mi capita di ripensare al mio caro vecchietto e a quando lo rivedrò il giorno dopo.

La storia di Giovanni che perse il lavoro

Ho ritrovato questo mio scritto tra le mie note di facebook. Risale al 27 gennaio 2009 ed i fatti in esso narrati sono realmente accaduti pochi mesi prima, quando iniziarono i tagli di personale nell'azienda per la quale lavoro. Voglio condividere con i miei amici questa storia, perchè secondo me è una grande lezione di vita, che tutti dovrebbero prendere. A me l'ha data Giovanni. Giovanni è una persona reale, un uomo di mezza età che ho avuto il piacere di conoscere quando lavorava come operaio, fino a pochi mesi fa, nella mia stessa azienda. Un uomo come tanti, ma con grande dignità. Un uomo con una moglie, due figli adolescenti ed un mutuo sulle spalle. Un uomo che ha fatto i più svariati lavori nella sua vita (anche il lavapiatti), senza mai lamentarsi o abbrutirsi. E che un giorno è venuto a lavorare in un nostro reparto produttivo. Purtroppo la nostra azienda, come quasi tutte le altre, è entrata in crisi e Giovanni, che aveva ancora un contratto a tempo determinato, non è stato rinnovato ed è stato tra i primi ad essere rispediti a casa. Quando sono andata a salutarlo mi ha detto queste cose, che ricorderò sempre come uno dei più preziosi insegnamenti che ho ricevuto finora. Giovanni mi ha detto che adesso qualcosa se la sarebbe inventata, che lui ha fatto tanti lavori e un altro l'avrebbe certamente trovato. Non è uno schizzinoso. Sarebbe stata dura, ma ce l'avrebbe fatta anche questa volta. I suoi figli si sono offerti di andare a lavorare per aiutare a mandare avanti la famiglia, ma lui ha risposto loro: "Non se ne parla, voi dovete pensare a studiare, a portare i soldi a casa ci pensano mamma e papà". E poi ha aggiunto che nella nostra azienda sentiva sempre tutti lamentarsi dello stipendio, degli straordinari dimenticati e non pagati, delle buste paga sistematicamente sbagliate, del management che non funziona e di altre "ingiustizie" varie. Giovanni mi ha raccontato di aver detto che noi non ci rendiamo minimamente conto della gran fortuna che abbiamo. Un contratto a tempo indeterminato (anche se in un'azienda in crisi) ed uno stipendio decoroso. Lui uno stipendio così alto non lo aveva mai preso nella sua vita e non gliene importava nulla di sindacare la mezzora di straordinario non pagato. Lui ringraziava soltanto l'azienda per l'opportunità che gli aveva dato, per il salario che gli permetteva di portare avanti la sua famiglia. E poi ha aggiunto qualcosa come "non te lo dimenticare". Ed io non lo dimenticherò. Nè nella crisi, nè tanto meno nell'abbondanza, quando diventa facile far uscire dalla bocca lamentele, perchè tanto lo spettro della disoccupazione non ti sfiora gli occhi, e pensi di essere la persona più colta ed esperta del mondo. Di un mondo che, peccato, non si riesce a vedere quanto sia piccolo. Grande uomo Giovanni. Non so cosa stia facendo adesso, ma certo qualcosa se la sarà inventata. Io gli auguro di cuore tutto il bene del mondo.

domenica 17 aprile 2011

PERCHE' SONO VEGETARIANA

... e visto che è una domanda che mi sento ripetere spesso, ecco sul blog la mia risposta!
Essere presa per ignorante, incosciente e altro ancora dalle persone che non mi conoscono passi pure (sebbene io preferisca lasciare loro il beneficio del dubbio), ma che coloro che mi conoscono insultino la mia intelligenza, insinuando che ho fatto questa scelta senza informarmi, lo trovo a dir poco irritante. Almeno sul piano emotivo. Se invece mi fermo al piano razionale capisco. Capisco che il pregiudizio, fin da quando è vecchio il mondo, è una gran brutta bestia. E il pregiudizio si sconfigge, quando il buon senso non basta, con l'informazione.
Da quando sono nata sono un'animalista, nel senso che amo infinitamente gli animali e che, nel mio piccolo, cerco di fare qualcosa per aiutarli e difendere i loro diritti. Ma da quando sono nata sono anche sempre stata una carnivora. Non solo mi è sempre piaciuto mangiare la carne, ma per un periodo della mia vita dopo che la mangiavo mi sentivo rinvigorita e piena di energie (il mio medico, che conosce molto bene il mio stato di salute, mi disse che era solo suggestione). Mi rendevo conto che questo cozzava con il mio amore per gli animali e mi sarebbe piaciuto tantissimo diventare una vegetariana, ma ero rassegnata al fatto che non ce l'avrei mai fatta. Poi il miracolo. Nonostante non sia mai stata una buona forchetta, circa un anno fa ho incredibilmente iniziato ad onorare maggiormente la tavola, acquistando ben 4 Kg di ciccia (cosa mai successa prima di allora). Ho convissuto, seppur a malincuore, con quei 4 Kg in più finchè non è scattato qualcosa (il vestito di un matrimonio che non entrava più!) ed ho deciso di rivolgermi ad una dietista. Ho quindi iniziato seriamente una dieta imparando ad abbinare i cibi. La carne era ovviamente compresa nella dieta, ma era soprattutto carne bianca; la carne rossa era concessa una sola volta a settimana. E così è iniziato tutto: pur avendo la possibilità di mangiare la carne non lo facevo più volentieri e la carne rossa l'avrò mangiata forse un paio di volte in circa 4 mesi di dieta. Ed ecco il miracolo. Mi sono detta: o ora o mai più!
Nel frattempo, per motivi abbastanza indipendenti dalla dieta, ho iniziato ad interessarmi più approfonditamente al consumo sostenibile e al commercio equo-solidale, che mi hanno portata a conoscere maggiormente i meccanismi della produzione di massa. E quando ho letto libri, articoli e guardato video sulle atroci sofferenze che subivano gli animali all'interno degli allevamenti di massa ho detto basta. In coscienza non potevo tollerare nulla del genere e non potevo contribuire a quel massacro.
In generale non sono contraria a mangiare la carne (sebbene io ormai non ne sia più capace), ma sono assolutamente contraria a far nascere un animale solo per doverlo mangiare, farlo vivere in condizioni disumane, torturarlo e poi ucciderlo brutalmente. E tutto questo per cosa??? Non certo perchè abbiamo bisogno di nutrirci, ma semplicememnte per soddisfare l'egoistico desiderio del palato. Palato di noi occidentali, perchè di tutti i benefici di cui godiamo noi con gli allevamenti di massa, i Paesi poveri non ne usufruiscono e, anzi, ne vengono ulteriormente impoveriti e maggiormente sfruttati. Ma evitiamo le digressioni, altrimenti l'argomento è troppo lungo e complesso.
Torniamo alla mera soddisfazione del nostro palato e lasciamo perdere la scusa della corretta nutrizione. Perchè, è ora di dirci la verità, (e chi non ci crede può chiedere ad un qualsiasi nutrizionista che non sia vegetariano), LA CARNE NON E' UN ALIMENTO INDISPENSABILE. Le proteine della carne si trovano anche in altri alimenti, in primis i legumi (che sono anche ricchi di ferro; meglio se mangiati abbinati ai cereali). E non solo la carne non è un alimento indispensabile, ma se mangiata spesso fa anche male (e questo ve lo può dire un medico qualsiasi, sebbene in tal senso anche il buon senso aiuta, visto che con la carne si ingeriscono anche ormoni e antibiotici che vengono somministrati agli animali allevati).
Ed anche se non ve ne frega niente di far soffrire gli animali, ma poi fate discorsi sulla sostenibilità dell'ambiente, (anche se mi sfugge come i due argomenti possano non essere collegati), allora sappiate che l'allevamento di massa non è sostenibile. Infatti il 50% dei cereali ed il 75% della soia mondiali vengono utilizzati per gli allevamenti di massa e non per sfamare la gente. E, come sempre, i Paesi che ci rimettono di più sono quelli sottosviluppati, che producono, ma non ne usufruiscono.
E' per tutta questa serie di ragioni, (peraltro forse troppo riassunte per non dilungarmi troppo), che io ho deciso di abolire la carne dalla mia alimentazione.
Ma a chi proprio non se la sente di farlo (e questo lo capisco), ma vuole vivere in maniera più sostenibile, permettetemi di consigliare di ridurne il consumo e di scegliere allevamenti biologici piuttosto che quelli di massa. Almeno negli allevamenti biologici gli animali vengono uccisi, ma non vengono maltrattati. Inoltre, sebbene spesso non ce ne rendiamo conto, noi siamo abituati a mangiare sempre carne, perchè, anche se non mangiamo la fettina tutti i giorni, ci ritroviamo il macinato nei tortellini, nel sugo al ragù e in molti altri piatti. La carne, nella nostra dieta, regna sovrana. Ed invece ci sono moltissimi cibi che non sono carne e che sono altrettanto saporiti (e fanno meno male). Io li ho scoperti solo di recente sfogliando libri di ricette vegetariane. Ricette che possono sembrare "tristi" solo dinanzi al pregiudizio, perchè nella realtà sono anche molto ricche e gustose.
C'è poi un passo successivo all'abolizione della carne. Purtroppo gli animali subiscono la stessa triste sorte anche per rifornire il mondo (sempre quello ricco) dei propri derivati: latte, latticini e uova. Io non ho abolito completamente l'uso dei derivati animali, ma li ho eliminati dalla mia quotidianità ed ho quindi ridotto notevolmente il mio contributo nel loro consumo. E questo perchè non concepisco che una mucca debba essere ingravidata artificialmente ogni anno per produrre latte (perchè gli animali, come gli esseri umani, producono latte solo durante la gravidanza!). Il vitellino viene immediatamente sottratto alla mamma (vi lascio immaginare per farne cosa) e, nonostante tutto questo, siccome il latte non è comunque sufficiente, la povera mucca viene imbottita di sostanze chimiche. Questo porta inevitabilmente ad infezioni e malattie che, una volta manifestatesi, portano l'animale al macello. Una fine altrettanto triste la fanno pulcini e galline nella produzione di massa delle uova. I pulcini maschi vengono uccisi appena nati (perchè inutili!) e in modo brutale: gettati in un tritacarne! I pulcini femmina diventano galline, il cui becco viene tagliato per evitare che si becchino tra loro e vengono mantenute in gabbie molto strette e buie. Non solo, queste gabbie sono inclinate così che le uova possano scivolare ed essere facilmente raccolte e le galline si distruggono le zampe per cercare di mantenersi in equilibrio. E se credete di risolvere il problema acquistando al supermercato uova di allevamento a terra non illudetevi, perchè la differenza sta solo nella gabbia non inclinata. Ci sono però diversi livelli di allevamenti a terra, il più alto dei quali (il quarto) è il più sostenibile. Ma anche qui sarebbe molto meglio rivolgersi ad un contadino che ha le galline libere nel proprio pezzo di terra.
Spero di aver rassicurato coloro che erano preoccupati per la mia scelta, dal momento che la ricerca delle informazioni e la consultazione di uno specialista c'è stata. Ciò non toglie che è mia cura aggiornarmi ulteriormente sull'argomento in questione.
Detto ciò spero di aver risposto esaustivamente alla ricorrente domanda sul perchè sono vegetariana.

sabato 16 aprile 2011

Libro: NONOSTANTE IL VATICANO di Gianluca Ferrara - Recensione o meglio Riflessioni

Ormai da alcuni anni mi pongo il problema di quale sia la mia religione, perché non mi identifico più nella Chiesa Cattolica Romana. Non sono una di quelle persone che spara a zero (spesso gratuitamente) su questa istituzione, perché penso che non sia tutta da buttare, però è certo che con la maggior parte delle ideologie della Chiesa cattolica e con la maggior parte delle persone che la costituiscono non credo di avere molto in comune. Vedo troppe contraddizioni. Ho letto il Vangelo diverse volte prima di pormi questi interrogativi ed ho frequentato per 13 anni una scuola cattolica (riconoscendo oggi che i sacerdoti che ho conosciuto io sono in realtà merce rara), quindi non sono proprio ignorante sull’argomento. E non riesco ad associare gli insegnamenti di Gesù con buona parte della Chiesa cattolica. Conosco diverse persone che si dichiarano cristiane praticanti e frequentano la chiesa tutte le domeniche, ricordandosi di santificare, almeno con la loro presenza, le feste. Ma poi le vedo camminare nella vita di tutti i giorni, parlare, e in loro proprio non riesco a trovare Gesù. L’Uomo non violento per eccellenza, che ci ha insegnato la via dell’Amore, della Pace, del Perdono viene oggi teoricamente seguito da chi disprezza e umilia il prossimo, da chi giustifica la guerra e la violenza, da chi attacca e condanna. Io non mi sento superiore a queste persone, ma almeno credo di avere il buon gusto di non definirmi una persona cattolica. Mi piace pensarmi come definisce se stesso l’autore di questo libro: un’aspirante cristiana. Nel senso che io credo nell’esistenza del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo e trovo illuminanti gli insegnamenti di Gesù, l’Uomo che ci ha insegnato (o almeno ci ha provato) ad amare. E cerco, sforzandomi, di capire e seguire quegli insegnamenti. Ma siccome la Chiesa cattolica si è arrogata il ruolo di detentrice della Verità e non trovandomi spesso in linea con essa mi chiedo: qual è la mia religione? Ho letto e riletto il Vangelo innumerevoli volte sperando di trovarvi le ideologie della Chiesa e quindi finalmente un ponte tra essa e i miei valori, ma niente da fare. Ero giunta alla conclusione di rivolgermi ad un bravo sacerdote, che fosse una persona aperta, ma anche un bravo teologo, nella speranza che rispondesse ai miei tanti interrogativi.
E’ con questi dubbi nella testa che ho comprato questo libro, scovato per caso in una libreria indipendente. Ed ho trovato le mie risposte nelle testimonianze di don Andrea Gallo, don Vitaliano Della Sala, don Alex Zanotelli, don Tonino Bello e nell’insegnamento di molti altri sacerdoti che, pur facendo parte della Chiesa cattolica, ne manifestano i numerosi limiti senza scendere a compromessi, senza paura e pagandone le conseguenze.
Finalmente ho avuto la conferma che non sono io ad essere eretica, ma è la Chiesa cattolica che non risponde agli insegnamenti evangelici di cui tanto parla, mentre ci sono persone, all’interno stesso della Chiesa, che quegli insegnamenti li hanno realmente assorbiti e li applicano ogni giorno della loro vita. E la cosa meravigliosa è che lo fanno proprio da dentro la Chiesa, quella Chiesa che li condanna, perché vogliono dimostrare che un’altra Chiesa è possibile: la vera Chiesa voluta da Gesù.
Gianluca Ferrara ricorda che Gesù disse che non si può venerare contemporaneamente Dio e mammona. Nella Chiesa cattolica sembra che si veneri mammona e non Dio. Esattamente come in qualsiasi multinazionale che si rispetti, come in qualsiasi sistema capitalistico, esattamente come in quel sistema politico e sociale che Gesù ha condannato più di duemila anni fa. Il suo messaggio era innovativo a quel tempo, ma lo è ancora oggi, dal momento che siamo circondati dai moderni farisei e che quel messaggio fa un’incredibile fatica a penetrare nelle nostre coscienze e nella nostra società. Indubbiamente, se Gesù tornasse sulla terra, lo uccideremmo ancora. Quante volte ci capita di vedere vescovi e cardinali che fanno i salamelecchi ai potenti e poi non degnano neanche di un saluto il popolo, quel popolo dalla cui parte dovrebbero stare e lottare? Quante volte si è assistito a pompose celebrazioni durante le quali i potenti erano in prima fila mentre il popolo, se c’era, faceva da sfondo all’entrata? La Chiesa cattolica, o almeno buona parte di essa, si comporta così, ma Gesù si è comportato in maniera diametralmente opposta. Per dirla con le parole di Gianluca: “[…] dalle mura vaticane trapela una visione elitaria, maschilista, potente, altezzosa ed edonista che sembra, paradossalmente, essere tutto ciò che Gesù ha combattuto con forza. Questo sfregia l’immagine di Gesù. Distorce il suo messaggio, allontanando tanto persone che potrebbero in lui trovare la via”. “ Se ne deduce che se vivesse oggi Gesù starebbe dalla parte dei barboni, dei sieropositivi, dei gay, dei malati, dei bambini, delle donne discriminate, degli anziani, dei drogati, degli extracomunitari, dei carcerati, dei disoccupati, degli operai che lottano per arrivare a fine mese, dei giovani sfruttati dalle grandi aziende e di tutti coloro che dal basso resistono e si battono per ricevere giustizia.”
Ma quando si osserva come si comportano i cosiddetti uomini di chiesa passa la voglia di diventare cattolici e ci si dice che se proprio loro che dovrebbero dare il buon esempio si comportano male allora il cristianesimo è tutto sbagliato. E invece no. E’ qui che si sbaglia. Perché oltre la cupola di San Pietro c’è la vera Chiesa, quella più vicina a Gesù, che applica i suoi insegnamenti. E’ da loro che bisogna prendere esempio e trarre spunto, speranza, fiducia.
Mi ci sono voluti anni, ma le mie risposte le ho trovate. E non sono in Vaticano. Sono nelle opere di quei sacerdoti e di tutti quegli uomini anche non cristiani (vedi Gandhi per esempio) che volontariamente o involontariamente seguono gli insegnamenti evangelici.
La risposta alla domanda “Qual è la mia religione?” non esiste, perché la domanda è sbagliata. Non conta la religione, ma la Fede. La religione è un insieme di dogmi e di riti che anziché liberare gli uomini spesso li opprimono. Mentre la Fede cristiana è seguire Gesù oltre tutto questo, cercando di applicare al meglio ciò che tanto bene è spiegato nel Vangelo. La religione, con l’arroganza di detenere la Verità, incatena i suoi figli per mezzo dei sensi di colpa. La Fede, d’altro canto, ci rende liberi.