lunedì 18 aprile 2011

La mattina quando mi alzo per andare a lavorare... il cervello va in pappa (e si legge)

Sfido chiunque ad alzarsi sempre volentieri la mattina presto per andare a lavorare. Anche se ci piace il lavoro che facciamo, anche se abbiamo riposato la notte precedente, il momento in cui suona la sveglia di solito è drammatico, alla faccia dei falsi sorrisi che ci propinano le pubblicità di biscotti per la prima colazione. Ed ognuno affronta quel momento drammatico come può. Come sa. Io lavoro solamente da sei anni, ma ho dovuto comunque trovare una mia strategia per riuscire ad alzarmi dal letto tutte le mattine, anche quando mi sento molto stanca.
La prima strategia consiste nello spegnere il cervello appena la sveglia tenta di accenderlo. Questo non significa voltarmi dall’altra parte e riaddormentarmi, ma alzarmi dal letto senza farne una tragedia. Dopo averne sperimentati diversi posso dire di non aver trovato molti sistemi e allora ne ho scelto uno che mi riesce abbastanza bene: quello dell’automa. Appena metto piede fuori dal letto spengo il mio cervello e faccio compiere al mio corpo movimenti automatici, quali fare colazione, lavarmi e vestirmi. Una volta che sono vestita il peggio è passato e posso addirittura procedere con l’imbellettarmi il viso. Comportarsi da automa significa non pensare assolutamente a nulla, tanto meno al motivo per cui ci si è alzati così presto. Personalmente potrei rischiare una crisi di nervi.
Una volta uscita di casa è fatta, ma non è che sia comunque di buon umore. Allora per migliorarmi mi attacco a quello che posso. La prima a cosa a cui mi attacco è l’asilo di fronte casa mia.
L’asilo? - chiederete voi. Eh sì, un asilo. Non perché mi mettano allegria i bambini, (semmai a prima mattina è esattamente il contrario), mica mi concentro su di loro. Io mi concentro sulla casetta. Ebbene sì, perché questo asilo è una casetta di quelle vecchio stile, sviluppata su un unico piano, circondata da giardino privato, con tetto spiovente classicamente dipinto di rosso e il comignolo fumante in cima. Che bella immagine - penserete adesso, convinti di aver capito tutto. E invece no, perché l’immagine è abbastanza brutta. La casa è vecchia, mal tenuta e piena di scritte sui muri. Se avessi un figlio mai e poi mai lo manderei lì dentro. Però a me che importa com’è veramente quella casetta, è il principio che conta. E il principio è che quella è una casetta vecchio stile, con il tetto rosso e il comignolo fumante. Ecco, è il comignolo il fulcro di tutto. Se dovesse capitarmi di trovarlo inattivo potrebbe prendermi la depressione. Perché vedere il comignolo fumante mi fa pensare che dentro ci sia un camino acceso (cosa che probabilmente non è) e magari qualcuno che prepara i biscotti fatti in casa per i bambini (ancora meno probabile) e tutto questo mi mette un calore dentro che mi riscalda il cuore. Funziona bene anche nelle afosissime mattine d’estate. Così esco di casa, dopo aver brillantemente superato la fase 1, percorro il vialetto attraverso il cortile del mio palazzo e mi ritrovo davanti la casetta col comignolo fumante. Mi concentro su di esso, inspiro profondamente l’aria, tiro fuori un lieve sorriso ed anche la fase 2 è andata.
Tra la fase 2 e la fase 3 mi devo ricordare dove ho parcheggiato la macchina la sera prima.
La fase 3 si svolge sulla Roma - L’Aquila. Appena imbocco l’autostrada mi soffermo a contemplare il cielo. Che sia grigio di pioggia, bianco di neve o azzurro terso non importa, l’importante è che ci sia, (ognuno ha le sue certezze e se ci venisse a mancare il cielo credo sarebbe un problema per tutti). Mi mette davvero serenità osservare il cielo dalla A24, perché l’ampio spazio permette di goderne l’osservazione di una buona fetta.
La fase 4 è la più importante di tutte. Se venisse a mancare quella diventerei davvero matta e probabilmente arriverei al lavoro e darei le dimissioni. La fase 4 è un vecchietto col suo chioschetto di vivande. Quando lascio prima la A24 e poi il GRA mi immetto in una stradina sfigata che mi porta dritta dritta (più o meno) in azienda. Ed è in questa stradina che tutte le mattine c’è lui. All’ora in cui passo di solito lui sta lì che pulisce il suo chioschetto e sistema lattine e bottigliette ed io, in quei pochi secondi che gli passo davanti, lo contemplo estasiata. Lui mi dà la forza di andare al lavoro tutte le mattine a prescindere da quello che al lavoro mi aspetta. Penso che se lui sta sempre lì, tutti i giorni, col suo chioschetto, a prescindere che faccia davvero molto freddo o davvero molto caldo, allora io posso affrontare la mia giornata lavorativa in un laboratorio decentemente condizionato, a fare il lavoro per cui ho studiato e che nonostante gli alti, i bassi e le difficoltà mi regala delle soddisfazioni. Io ho quel vecchietto che mi dà la forza quando sono stanca e mi chiedo chi abbia mai lui ad aiutarlo ad alzarsi tutte le mattine. Se anche lui fa l’automa, se ha le sue fasi, quante ne ha. Anche se poi la risposta che mi ronza in testa è che lui non abbia proprio nessuno a stimolarlo e nessuno fase che lo aspetta. Lo fa semplicemente perché deve portare a casa la pagnotta a fine giornata. Ed io, per quel vecchietto lì, provo un’ammirazione incredibile. Certe volte ho pensato: una mattina mi accosto con la macchina, scendo, mi avvicino e gli parlo. E gli racconto tutto. Glielo dico che lui mi dà la forza e tutto il resto. Perché magari gli farebbe piacere saperlo. Ma so che non lo farò mai. Perché potrei rovinare tutto, far svanire l’incantesimo. E così continuo a passare di lì fingendo di essere una delle tante auto che non si accorge nemmeno della sua presenza.
Dopo la fase 4 tutto il resto non conta. C’è in realtà una fase 5, ma per me non è importante come la 4. Forse se venisse prima avrebbe un altro effetto, ma dopo il vecchietto col chioschetto nulla può raggiungere la stessa intensità. La fase 5 sono i rom del campo nomadi che si trova vicino la mia azienda. Tutte le mattine li vedo percorrere (mi sembrano sempre diversi) la stessa strada che io faccio nel verso contrario. A volte camminano singolarmente, a volte a coppie e a volte in gruppo, spesso con bambini, e chissà dove andranno mai. Che io sappia non c’è nulla in quella direzione, ma immagino che ci sia un qualche supermercato dove vanno a rifornirsi (il che è impossibile dato che è mattina presto). Quando li vedo penso un sacco di cose e sempre diverse e posso dire che dopo aver visto loro il mio cervello si mette davvero in moto ed è pronto ad iniziare la giornata.
Infatti poco dopo arrivo al parcheggio dell’azienda e tutto ha inizio.
Di solito va bene e non perché non si presentino mai problemi, anzi. Però va bene perché a quel punto ho immagazzinato abbastanza sorriso, serenità, forza e discernimento per affrontare con un briciolo di saggezza la giornata. E ogni tanto mi capita di ripensare al mio caro vecchietto e a quando lo rivedrò il giorno dopo.

2 commenti:

  1. Bè direi proprio che è arrivato il momento di aggiungere la fase 6:cominciare a comprare una bibita fresca dal vecchietto il primo giorno, tornarci col sorriso il secondo e chiedere di nuovo un ghiacciolo o che so una limonata, parlare del tempo il terzo giorno,raccontare un proprio aneddoto il quarto, chiedere il suo nome e presentarsi il quinto e sapere di avere un nuovo amico il sesto, gli amici stanno nei posti più inpensabili e ognuno ha qualcosa da raccontare bella o brutta che sia, potrai scoprire un vecchio scorbutico e arrabbiato o una persona dolce e ottimista, ma se non provi non lo saprai mai...io così ho trovato grandi persone...
    Ilenia

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  2. Quasi quasi inizio a fare la pausa pranzo da lui :)
    Anche se ci sono cose che forse è giusto che rimangano così... incantesimi...

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